Adempimenti

Sospensione immediata del lavoratore senza certificato

di Aldo Bottini

La regola introdotta dal decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri il 16 settembre, in attesa di pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale», nei suoi termini generali, è abbastanza chiara: dal 15 ottobre 2021, anche nel settore privato, così come nel pubblico, solo chi è in possesso della certificazione verde Covid-19 (cosiddetto green pass) può accedere al luogo dove si svolge la sua attività lavorativa. Non esistono zone franche.

L’obbligo riguarda tutti i luoghi nei quali viene svolta un’attività lavorativa: aziende, esercizi pubblici, negozi, studi professionali e anche le abitazioni private alle quali un lavoratore accede per lavorare, sia esso un lavoratore domestico o un artigiano. E riguarda tutti indistintamente coloro che svolgono un’attività di lavoro, indipendentemente dalla tipologia contrattuale che regola la prestazione. Quindi non solo lavoratori dipendenti, ma anche collaboratori autonomi (partite Iva o co.co.co. che siano), appaltatori, consulenti, titolari di ditte individuali, formatori e persino volontari, come espressamente dispone il decreto, che fa riferimento anche a chi lavora «sulla base di contratti esterni». Gli unici soggetti esenti dall’obbligo di essere in possesso di green pass sono quelli esentati dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti da una circolare del ministero della Salute. Resta ferma la disciplina specifica già introdotta per gli operatori sanitari dal Dl 1° aprile 2021 n. 44.

Le aziende dunque, piccole o grandi che siano, avranno l’onere di accertare che chiunque acceda ai propri locali per lavorare sia in possesso della certificazione verde. Non sembra che tale obbligo possa essere assolto con esclusivo riferimento ai propri dipendenti. E ciò, oltre che una disposizione espressa del decreto, anche per una serie di considerazioni di carattere generale. La prima attiene alla responsabilità che, per quanto riguarda la sicurezza e la prevenzione, il Dlgs 81/2008 assegna a chi ha la responsabilità dell’unità produttiva o comunque dell’organizzazione dei luoghi di lavoro, adottando per lo specifico profilo una nozione per così dire sostanzialistica del termine datore di lavoro.

Un’ulteriore considerazione si fonda sullo specifico riferimento che il nuovo decreto fa all’accesso come momento nel quale prioritariamente operare il controllo, legando così il controllo sul green pass alla responsabilità del soggetto al quale fa capo un determinato ambiente di lavoro. Infine, lo stesso decreto prevede espressamente, per coloro che operano in un luogo di lavoro sulla base di contratti «esterni», una sorta di duplice controllo, che compete tanto all’effettivo datore di lavoro quanto a chi ha la responsabilità del luogo di lavoro e della sua salubrità. A maggior ragione sembra di poter dire che il controllo sul possesso del green pass da parte dei lavoratori somministrati competa, in primo luogo, all’utilizzatore, che, esercitando nei loro confronti i poteri direttivi e di controllo, può essere considerato «datore di lavoro» in senso sostanziale.

Il dipendente del settore privato non in possesso del green pass, dispone il decreto, viene immediatamente sospeso dalla prestazione lavorativa senza retribuzione o compenso di sorta, a differenza (invero poco giustificata) del dipendente pubblico per il quale la sospensione scatta solo dopo cinque giorni. In entrambi i casi sono escluse conseguenze disciplinari ed è previsto il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro.

In molti si stanno chiedendo cosa accade per chi lavora in smart working. È evidente che chi non accede ai locali aziendali, non è tenuto ad esibire il green pass. Ma ciò non significa che la modalità di lavoro agile possa essere pretesa, quasi fosse un’alternativa alla sospensione non retribuita, da chi non intende dotarsi della certificazione verde. Quella di adottare (o meno) la modalità di lavoro agile è una decisione organizzativa che compete al datore di lavoro, che ben può decidere, ovviamente nel rispetto delle misure di sicurezza, di richiedere (in misura totale o parziale) il lavoro in presenza. Del resto lo schema oggi prevalente (e conforme allo stesso modello legislativo) è quello ibrido, che combina, in varia misura, lavoro in presenza e lavoro da remoto. E pertanto, quantomeno per i periodi in cui è richiesta la presenza, anche il lavoratore agile privo di green pass può subire la sospensione (parziale) della retribuzione, senza contare che il datore di lavoro potrebbe non avere interesse a una prestazione solo parziale, con conseguente recesso dall’accordo di smart working (in applicazione dell’articolo 1464 del Codice civile) e sospensione totale dalla prestazione e dalla retribuzione.

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