Adempimenti

Dl aiuti, il governo studia il taglio al cuneo per 1 miliardo

di Marco Rogari e Claudio Tucci

È sempre più intenso il pressing della maggioranza sul governo per la ripartizione dei 6 miliardi a disposizione del nuovo decreto aiuti, atteso in settimana. I partiti cercano di imporre le loro priorità che dovranno essere sintetizzate in una non facile mediazione da trovare in occasione delle risoluzioni sul Def. Che domani dovranno essere votate dalle Aule di Camera e Senato.

Anche se il perimetro del Dl è già stato sostanzialmente tracciato proprio dal Documento di economia e finanza presentato dall’esecutivo. Che prevede la destinazione delle risorse disponibili, senza ricorrere a uno scostamento di bilancio come invece sollecitato dalla quasi totalità delle forze politiche, in cinque direzioni: irrobustimento dei fondi per le garanzie sul credito, rafforzamento della dote per coprire l’aumento dei prezzi delle materie prime utilizzate per opere pubbliche, nuove misure contro il caro energia, assistenza dei profughi ucraini e ulteriori sostegni ai settori colpiti dalla pandemia. Ma all’interno di questo spazio sono destinati a inserirsi nuovi strumenti. Come quello di un nuovo taglio del cuneo fiscale-contributivo facendo leva su una sorta di “bis” dell’operazione fatta scattare con l’ultima manovra, quando in via sperimentale, per il solo 2022 cioè, si è decisa una mini-riduzione dei contributi (0,8 punti in meno) esclusivamente a vantaggio dei lavoratori fino a retribuzioni di circa 35mila euro annui, con l’esclusione di colf e badanti. In pratica, oggi, l’esonero contributivo (contributi previdenziali per l'invalidità, la vecchiaia, i superstiti a carico del lavoratore) dello 0,8 si applica a condizione che la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per tredici mensilità, non ecceda l’importo di 2.692 euro mensile, maggiorato, per le competenze di dicembre, del rateo di tredicesima (in questo senso, lo sconto riguarda retribuzioni fino a 35mila euro annui). Chi versa un contributo del 9,19%, quest’anno paga un contributo dell’8,39%.

Anche le proporzioni dell’intervento dovrebbero essere le stesse. Si confermerebbe il taglio dei contributi a vantaggio dei solo lavoratori. Secondo le prime stime ufficiose elaborate a via XX Settembre la sforbiciata al cuneo ipotizzata ai tavoli tecnici peserebbe sui conti pubblici più o meno per un miliardo, l’equivalente di quanto già finanziato con l’ultima manovra.

Nelle intenzioni dei tecnici del governo, che hanno aperto ufficialmente il dossier, la misura avrebbe l’obiettivo di dare un po’ di ossigeno ai lavoratori, che vedono il potere d’acquisto delle loro retribuzioni erodersi giorno dopo giorno per la corsa - ormai impazzita - dell’inflazione, e non agirebbe direttamente sulle imprese. Come invece chiesto nei giorni scorsi dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che ha sollecitato l’esecutivo su un taglio, strutturale e significativo, del costo del lavoro (secondo i principali esperti, per una riduzione visibile del cuneo fiscale-contributivo servirebbero almeno 16-18 miliardi). Del resto, il taglio oggi in vigore (0,8 punti di contributi in meno fino a redditi di circa 35mila euro), miscelato all’assegno unico e alla leggera correzione della curva Irpef per i redditi bassi, sembra aver prodotto finora risultati non sempre tangibili.

Resta poi da vedere se la sua compatibilità con gli spazi finanziari indicati dal Def sarà confermata dalle verifiche tecniche che precederanno il varo del decreto. Ma c’è anche un’altra non trascurabile incognita: l’esito della partita politica che si sta giocando sul decreto. Con la Lega che spinge per un’azione mirata il più possibile contro il caro bollette e a sostegno dei settori produttivi maggiormente colpiti dalla crisi energetica e dalle conseguenze del conflitto russo-ucraino mentre Pd e M5S guardano anche alla detassazione degli aumenti contrattuali.

Vedi le schede: Verso il decreto

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