Adempimenti

Nodo redditi al tavolo con le parti sociali

di Giorgio Pogliotti

La politica dei redditi, dopo anni torna nell’agenda di governo, con l’obiettivo di sterilizzare l’impatto dell’aumento dell’inflazione su buste paga e pensioni, ma anche di evitare che le imprese - alle prese con rincari record del prezzo dell’energia - chiudano i battenti. Il tema sarà affrontato nel tavolo che il premier Mario Draghi ha annunciato alle parti sociali per dopo Pasqua, in previsione della costruzione di un Patto a tre. Il governo si presenterà con alcune proposte, oggetto in questi giorni delle verifiche dei tecnici, come il taglio del cuneo fiscale contributivo a favore dei lavoratori, o la detassazione del rinnovi contrattuali. In questo disegno ognuno sarà chiamato a fare la propria parte: si ragiona di realizzare uno scambio tra il contenimento delle richieste di incrementi salariali da parte dei sindacati nei rinnovi (che avrebbero una spinta sulla spirale inflattiva), e il taglio del fisco a carico dei lavoratori.

Complessivamente i 516 contratti nazionali in attesa di rinnovo rappresentano il 59% dei lavoratori, ovvero circa 7,7 milioni di persone (di questi, nel perimetro di Confindustria è da rinnovare il 20% dei Ccnl). Tra le parti sociali le posizioni sono assai articolate. Confindustria chiede che le aziende, già pressate dal forte incremento dei costi dell’energia, non siano messe in ginocchio dall’aumento del costo del lavoro che nell’attuale contesto sarebbe insostenibile. Il ragionamento degli industriali è che la priorità adesso è la salvaguardia del lavoro, che non può essere garantito se le aziende chiudono. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi ha chiesto un intervento strutturale di riduzione del cuneo contributivo - tra i 16 e i 18 miliardi - a favore di lavoratori e imprese, attingendo ai fondi disponibili, a partire dai 38 miliardi in più, tra entrate tributarie e contributi sociali, che lo Stato nel Def prevede di incassare nel 2022.

Tra i sindacati, Cgil e Uil rimettono in discussione il riferimento all’indicatore Ipca depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati, al quale si agganciano gli aumenti contrattuali, considerandolo penalizzante in questa fase per i lavoratori. La Cisl non vuole rimettere in discussione il modello contrattuale, ma chiede di ridefinire il concetto di inflazione importata per tutelare i salari dei lavoratori.

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