Adempimenti

Una tantum da 200 euro fino a 35mila euro di reddito

di Marco Rogari e Claudio Tucci

Un bonus “una tantum” anti-inflazione da 200 euro per lavoratori e pensionati sotto i 35mila euro di reddito. Alla fine di una giornata convulsa, con incontri a raffica, a livello tecnico e politico, il governo mette in campo un primo intervento per sostenere i redditi medio-bassi. Compresi quelli dei lavoratori autonomi, attraverso un apposito fondo, che fanno lievitare la quota a 28 milioni, come ha evidenziato lo stesso premier Mario Draghi, il bacino dei soggetti destinatari del sostegno previsto dal decreto da 14 miliardi varato ieri sera dal Consiglio dei ministri. E quasi la metà di questa dote, ovvero 6-6,5 miliardi, viene assorbita dalle misure previste per tutelare il potere d’acquisto di salari e pensioni seppure solo in via temporanea e rinunciando, almeno per il momento, all’opzione di un mini-taglio del cuneo, per la sola parte contributiva, che era continuata a circolare fino a ieri mattina.

Ma dopo il faccia a faccia con i sindacati prima (si veda altro servizio in pagina) e con le forze di maggioranza poi, l’esecutivo ha deciso di prendere in seria considerazione la soluzione, sul lavoro, dell’importo “a cifra fissa”. Una sorta di una “una tantum”, come detto, da mettere direttamente nelle busta paga delle persone con redditi medio-bassi per contrastare i rincari generalizzati legati all’inflazione, che una parte di maggioranza ha subito accostato al bonus Renzi. Il governo, almeno per lavoratori e pensionati, ha anche optato per un’unica soglia dei redditi: quella dei 35mila euro di reddito annuo sotto la quale scatta il bonus.

Di ora in ora, ieri, ha perso invece quota l’altra opzione sul tavolo, quella cioè di un intervento sul cuneo per rafforzare lo sconto contributivo di 0,8 punti (solo lato lavoratori) introdotto con l’ultima manovra per redditi fino a 35mila euro e valido per il solo 2022. A pesare sulla scelta finale dell’una tantum, simulazione dopo simulazione, è stato l’impatto effettivo sulle retribuzioni, con l’obiettivo del governo di non replicare la situazione venutasi a creare con le misure previste con la scorsa legge di Bilancio, dove il mix di decontribuzione dello 0,8 e taglio a Irpef non ha prodotto effetti significativi sulle buste paga, peraltro premiando le fasce reddituali medio alte (sopra i 35mila euro).

E alla fine, dopo vari ripensamenti, il governo ha preso realmente in considerazione l’ipotesi di estendere un bonus in forma una tantum anche ai pensionati. Un’opzione che si è materializzata nell’incontro di ieri mattina con i sindacati. I leader di Cgil, Cisl e Uil hanno ribadito la necessità di sostenere il potere d’acquisto di salari e pensioni indebolito dalla corsa dell’inflazione. E sul versante previdenziale hanno riproposto due cavalli di battaglia: il rafforzamento delle cosiddette 14esime dei pensionati (che sono in pagamento a luglio) o, in alternativa, un anticipo della rivalutazione degli assegni rispetto alla scadenza di gennaio 2023. L’ultima perequazione scattata a inizio 2022 su base annuale è dell’1,7% per il 2021 articolata su un modello scaglioni: 100% dell'inflazione per i trattamenti fino a 4 volte l’assegno minimo (che è pari a poco meno di 524 euro); 90% quelli compresi tra 4 e 5 volte il “minimo”; 75% per le pensioni oltre 5 volte l'assegno minimo. Una soluzione complicata e anche particolarmente costosa. E anche per questo motivo, l’esecutivo avrebbe deciso di virare sul bonus unico per lavoratori e pensionati.

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