Adempimenti

Nuovi criteri per gestire la transizione post pandemia

di Matteo Prioschi

Dal 23 al 25 giugno si svolgerà a Bologna la tredicesima edizione del Festival del lavoro, organizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine e da Fondazione studi dei consulenti del lavoro. L’evento torna in presenza dopo due edizioni da remoto causa Covid-19. «Pensavamo ci potesse essere preoccupazione da parte dei colleghi a tornare in presenza - afferma Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale - invece abbiamo avuto tantissime richieste, c’è grande entusiasmo e siamo rimasti piacevolmente sorpresi. Le prenotazioni sono superiori a quelle di Milano, l’ultima edizione in presenza».

Il tema della manifestazione è la transizione verso un modello economico, produttivo e lavorativo il cui orizzonte è ancora tutto da definire. Ha ancora senso ricercare un modello, a fronte del fatto che in tempi recenti le regole messe a punto, come quelle per lo smart working, risultano superate dopo poco tempo?

La pandemia ci ha restituito la consapevolezza che i modelli che vengono studiati e approvati a livello normativo non nascono da situazioni all’interno del mondo del lavoro. Quello che abbiamo sperimentato in questi due anni sullo smart working è poco corrispondente al modello della legge 81/2017, ma attualmente si va verso una forma che non è quella della legge 81 e nemmeno quella dell’emergenza. Occorre capire dove stiamo andando e fare un ragionamento forse più legato alle tutele, cioè individuare lo “zoccolo duro” di diritti irrinunciabili applicabili sia al lavoro autonomo che subordinato. È difficile costruire modelli etichettabili in un accordo contrattuale piuttosto che in un altro. Ad esempio per quanto riguarda lo smart working, da una nostra ricerca emerge che chi a lavorato per lungo tempo in questa modalità si sente limitato dall’essere giudicato sulla base dell’orario e non per i risultati. Dobbiamo lavorare verso modelli che tengano conto del contributo apportato dai lavoratori, anche dal punto di vista retributivo, perché il risultato raggiunto va premiato.

Lo sgravio contributivo dello 0,8% e il bonus da 200 euro sono due esempi recenti della difficoltà di applicare disposizioni nate con finalità positive. Cosa non funziona?

Non funziona l’approccio. Da due anni diciamo che servono norme di facile attuazione e applicazione. Sui 200 euro all’inizio non era prevista alcuna dichiarazione del lavoratore, ora stiamo facendo le corse per fargli dichiarare di avere i requisiti. In mezzo c’è il fatto che, nel momento in cui si introduce un ostacolo in più, ci devono essere soggetti che decodificano la norma, superano l’ostacolo e fanno superare il problema. È un lavoro che i professionisti fanno, ma è sempre di rincorsa. Se le norme fossero pensate in ottica di semplificazione, non ci troveremmo ad arrancare per avere una lettura delle disposizioni applicabile in concreto.
Stessa cosa per lo sgravio dello 0,8% perché le circolari si fanno attendere e sono frutto di una norma che deve essere interpretata, ma se nascesse con una riflessione migliore a monte, tutti quanti noi riusciremmo a lavorare meglio. Su ogni provvedimento dobbiamo attendere chiarimenti, ci sono tanti centri decisionali che intervengono.

In tema di semplificazione, la legge 81/2017 ha previsto la rimessione alle professioni ordinistiche o collegiali di attività svolte dalla pubblica amministrazione. Ma è rimasta sulla carta.

La sussidiarietà richiede una idea chiara della direzione in cui si vuole andare e degli apporti che i professionisti possono dare, altrimenti si tratta di far svolgere nello stesso modo ai professionisti atti che un impiegato pubblico già svolge ora. La sussidiarietà deve portare con sé la semplificazione, altrimenti è solo devoluzioni di funzioni della pubblica amministrazione. Attualmente ci sono tanti temi su cui si discute, ma l’agenda del Parlamento è condizionata da quelle che sono le ricadute sull’economia della coda della pandemia e dal teatro di guerra alle porte dell’Europa.

Sull’attuazione del Pnrr ci sono prospettive positive?

Gli obiettivi relativi a inclusione sociale e lavorativa sono più che ambiziosi, perché rendere attivabili al lavoro 3 milioni di persone entro il 2025 è opera immensa. Occorre fare in fretta, perché siamo nella fase dell’accensione della macchina ma sono già trascorsi sei mesi del 2022, e richiamare tutti gli attori alla massima consapevolezza. Inoltre è importante avvalersi del contributo di tutti i soggetti titolati a lavorare nel mondo del lavoro.
Positiva è la scelta della Lombardia che, per quanto riguarda Gol, ha messo sullo stesso piano operatori privati e pubblici. È un approccio che potrebbe far stare più tranquilli anche se non è l’unica cosa da fare perché raggiungere risultati su una platea così ampia di soggetti richiede l’ingegnerizzazione dei processi e la competenza allargata di tutti i soggetti.

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