Rapporti di lavoro

Revoca del licenziamento: tempi e modalità

di Alberto Bosco

Una delle novità di maggior rilievo tra le molte introdotte dalla Riforma Fornero, consiste nella revisione della disciplina contenuta nell’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, quanto alle conseguenze del licenziamento dichiarato illegittimo da parte del giudice.
A tale proposito, tralasciando la questione della sostanziale riduzione delle ipotesi nelle quali al lavoratore spetta la reintegrazione nel posto di lavoro, va evidenziato che la legge 28 giugno 2012, n. 92, al comma 42 dell'articolo 1, ha introdotto il nuovo comma 10 all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Tale norma – che si applica a tutti i casi di licenziamento, a prescindere dall'organico del datore di lavoro (e quindi tanto “fino a 15 dipendenti”, quanto sopra a tale “fatidica” soglia) – dispone che “nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente articolo”.
E' quindi stata mutata in maniera radicale la disciplina precedente la quale, perché la revoca fosse dichiarata efficace, richiedeva in alternativa:
a) che essa fosse giunta a conoscenza del lavoratore prima che questi avesse notizia del recesso (cosa possibile, per esempio, nel caso di licenziamento inviato a mezzo raccomandata postale e di revoca inviata immediatamente a mezzo telegramma);
b) che tale atto, ove ricevuto dopo quello di recesso, fosse accettato da parte del dipendente, in luogo dell'impugnazione del licenziamento e della conseguente richiesta delle indennità connesse all'illegittimo recesso.
A seguito delle nuove disposizioni, invece, una volta che il datore di lavoro abbia comunicato il recesso (tassativamente in forma scritta e con l'indicazione dei motivi, pena l'applicazione di sanzioni di varia natura e misura), al dipendente sono concessi 60 giorni a pena di decadenza, decorrenti dalla ricezione della comunicazione di cessazione del rapporto, per impugnare l'atto datoriale. A questo punto la “palla” passa al datore di lavoro che, se lo ritiene opportuno, può revocare il licenziamento nei 15 giorni successivi: tale termine decorre dal giorno successivo a quello nel quale ha ricevuto l'impugnazione del recesso inviata dal lavoratore.
La procedura non è particolarmente complessa e, preferibilmente, deve essere effettuata mediante il ricorso alla forma scritta, inviando una missiva (datata e firmata) nella quale può essere inserita una frase molto semplice e diretta del seguente tenore:


“Con la presente, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 18, comma 10, della legge 20 maggio 1970, n. 300, Le comunichiamo la revoca del licenziamento intimato con lettera in data …............. La invitiamo a prendere contatto con la Direzione, nella persona del Signor ……………, per concordare i termini e le modalità del Suo rientro in servizio”.


E' del tutto evidente, come dispone la norma, che al lavoratore andrà erogata la normale retribuzione che sarebbe stata corrisposta nel periodo precedente alla revoca. Va precisato che la revoca, se tardiva, ossia se inviata oltre i 15 giorni previsti, non è più automaticamente efficace ma, come avveniva in precedenza, richiede il consenso dell'interessato.
Da ultimo, merita di essere citata la sentenza del 19 marzo 2014 del Tribunale di Firenze, nella quale si afferma che “la revoca del licenziamento, se effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione dell'impugnazione del recesso datoriale, determina il ripristino del rapporto di lavoro senza soluzione di continuità, e non richiede la forma scritta, così come l'accettazione della stessa da parte del prestatore, che può avvenire anche in forma tacita o presunta”.

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