L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Licenziamento per g.m.o. se l’azienda non è in crisi

di Giampiero Falasca

La domanda

D: Un’azienda con 10 dipendenti (tutti operai), quindi esclusa dall'art.18, applica il CCNL metalmeccanica piccola media industria. L'azienda vuole licenziare, per giustificato motivo oggettivo (crisi economica), il 2° dipendente assunto, specificandolo nella lettera, anche se in realtà il motivo è perchè ha litigato e vuole mandarlo via. L'azienda non è in crisi. A quali conseguenze può andare incontro? Eventualmente si può fare successivamente al licenziamento un verbale di conciliazione erogando un'indennità e depositarlo alla DTL?

Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento presuppone l'esistenza di ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa; in presenza di tali ragioni, il datore di lavoro, nell'ambito di un processo riorganizzativo dell'intero assetto aziendale, è legittimato a sopprimere le posizioni di lavoro non ritenute più utili al buon funzionamento dell'impresa stessa e, conseguentemente, può licenziare i lavoratori che ricoprivano tali posizioni. Nella fattispecie non sussiste alcun giustificato motivo oggettivo di licenziamento di talché, l'eventuale impugnazione dello stesso da parte del lavoratore, potrà senz'altro condurre alla declaratoria di illegittimità del licenziamento. Poiché l'azienda in parola non supera i limiti numerici individuati dal legislatore ai fini dell'applicazione dell'art. 18 della Legge n. 300 del 1970, la declaratoria di illegittimità condurrà all'applicazione della tutela cd. obbligatoria, di cui all'art. 8 della Legge n. 604 del 1966. In applicazione della suddetta tutela, il datore di lavoro dovrà versare al lavoratore (in alternativa alla riassunzione) un'indennità risarcitoria di importo variabile, da un minimo di 2,5 a un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita dal lavoratore. L'importo dell'indennità può essere aumentato fino ad un massimo di 10 mensilità qualora l'anzianità del lavoratore superi i 10 anni, 14 mensilità se l'anzianità supera i 20 anni. Inoltre, il datore di lavoro dovrà versare all'Inps il nuovo contributo di licenziamento introdotto dalla riforma Fornero; tale contributo, dopo le modifiche apportate dalla Legge di stabilità 2013, si calcola sul massimale mensile di Aspi nella misura del 41% del per ogni 12 mesi di anzianità aziendale del lavoratore nel limite di rilevanza di 3 anni. È ammessa la stipula di un accordo successivo al licenziamento, normalmente contenente la rinuncia all'impugnativa del licenziamento stesso; tuttavia, qualora l'accordo intervenga prima del licenziamento, in modo da giungere ad una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, il contributo per il licenziamento non dovrà essere versato, in quanto quest'ultimo è ricollegato alle ipotesi di perdita involontaria del posto di lavoro.

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