Rapporti di lavoro

Possibile la conciliazione per evitare le cause in tribunale

di Giampiero Falasca

Il decreto attuativo del Jobs act introduce, per i lavoratori assunti dopo la sua entrata in vigore, una procedura di conciliazione facoltativa che sostituirà quella preventiva presso le direzioni territoriali del Lavoro introdotta nel 2012. Si tratta della terza modifica in pochi anni, dopo il collegato lavoro (legge 183/2010) e la riforma Fornero (legge 92/2012).

Vecchie e nuove regole
La procedura introdotta dal Jobs act presenta rilevanti differenze con quella prevista dalla legge Fornero. Una prima diversità riguarda l’ambito di applicazione: la procedura Fornero vale solo per i licenziamenti economici, la nuova conciliazione facoltativa può essere usata per qualsiasi recesso, anche per quelli di natura disciplinare. Cambia anche la finalità: la conciliazione preventiva in Dtl si svolge prima che sia stato intimato il licenziamento e ha lo scopo di evitare che si arrivi all’interruzione unilaterale del rapporto, mediante un accordo che può prevedere l’uscita incentivata del lavoratore oppure un suo cambiamento di mansioni o di sede. La nuova conciliazione facoltativa interviene, invece, in un momento successivo, quando il licenziamento è stato già intimato e ha uno scopo diverso: prevenire l’avvio di una causa di lavoro da parte del dipendente.

Per arrivare a questo risultato si prevede un meccanismo volontario che inizia con l’offerta, da parte del datore, di una somma di denaro al dipendente appena licenziato. Tale offerta può essere formulata solo in alcune sedi predefinite – quelle abilitate a convalidare le rinunce e le transazioni di lavoro, quindi principalmente le Dtl, le sedi sindacali e le commissioni di certificazione – e soltanto sino a quando non è scaduto il termine di 60 giorni per impugnare il via stragiudiziale il licenziamento.

Importi
L’entità dell’offerta economica non è rimessa alla libera scelta del datore di lavoro, ma è predeterminata dalla legge: una mensilità di retribuzione per ogni anno di servizio (per i periodi di durata inferiore l’importo viene riproporzionato), in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18. Le somme offerte nell’ambito della conciliazione facoltativa hanno una disciplina molto favorevole, in quanto sono totalmente esenti da qualsiasi imposizione fiscale e contributiva e di conseguenza il loro importo netto si avvicina molto a quelle che si potrebbero conseguire in giudizio.

L’offerta deve essere formulata mediante consegna di assegno circolare. Il lavoratore che riceve la proposta può decidere di rifiutarla e in tal caso resta libero di impugnare in via giudiziale il licenziamento, oppure può incamerare l’assegno. L’accettazione della somma comporta la decadenza del diritto a impugnare il licenziamento, mentre resta aperta ogni altra questione relativa al rapporto intercorso (per esempio differenze retributive, inquadramenti). Per chiudere anche queste possibili liti, le parti dovrebbe firmare un ulteriore accordo, separato e distinto dalla procedura.

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