Rapporti di lavoro

Produttività, incentivi in stand-by

di Alessandro Rota Porta


Gli incentivi alla contrattazione di produttività sembrano destinati all’epilogo: almeno questo è il quadro che emerge dalle recenti disposizioni normative.
Dopo l’impulso sollecitato dal governo Monti nel 2012 - che aveva addirittura promosso un’intesa ad hoc sottoscritta dalle parti sociali (esclusa la Cgil) - l’intento di rendere strutturali le agevolazioni sembra essersi spento del tutto.
Ma entriamo nel merito delle due misure che dovevano garantire appeal agli accordi di secondo livello e alla contrattazione aziendale in particolare, ossia la “decontribuzione” e la “detassazione” dei salari incentivanti.
Per la prima, la riforma Fornero avevo messo a regime gli sgravi contributivi Inps (già rivisitati dal protocollo Welfare del 2007) assegnando una dote annuale di 650 milioni di euro: nella pratica, però, questo fondo ha avuto funzione di serbatoio, al quale si è attinto per soddisfare l’esigenza di fabbisogni diversi. Ad esempio - negli anni scorsi - parte delle risorse è servita per finanziare la cassa integrazione in deroga e, da ultimo, la legge di stabilità 2015 ha tagliato il capitolo di 208 milioni di euro per l’anno in corso (legge 23 dicembre 2014, n. 190, articolo 1, comma 313).
Con questo meccanismo, i datori di lavoro, nel momento in cui realizzano gli accordi, non sono mai in grado di conoscere l’esatta entità delle disponibilità finanziarie.
Passando poi alla travagliata vicenda della detassazione, nata per rendere più “pesanti” le buste paga dei lavoratori, con l’applicazione dell’aliquota agevolata del 10%, sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali, si può affermare come la stessa - salvo sviluppi dell’ultima ora - sia definitivamente tramontata.
Dopo diversi cambi in corsa (ben undici provvedimenti ne hanno segnato la sorte dal 2008 in avanti), la legge 228/2012 (articolo 1, comma 481) ha disposto la regolamentazione applicativa solo fino al 2014: oggi, la sua applicazione per il 2015 non è agganciata ad alcun provvedimento attuativo.
Quanto descritto inciderà sicuramente sulle politiche aziendali: i contratti di produttività trovavano il proprio appeal nell’abbattimento del cuneo fiscale sui salari ad essi correlati. Il venir meno di questi stimoli e la credibilità persa - dopo le continue modifiche vissute dalla materia - imporrà altresì scelte diverse al legislatore, se si vorrà ancora prendere in considerazione questi strumenti.
Produttività a parte, merita, infine, ricordare come anche nel Jobs act, a differenza di quanto avvenuto in altri ambiti normativi (ad esempio, in materia di contratto a termine) non vi sia traccia di impulsi alla contrattazione aziendale: il rischio di operare una scelta in tal senso è elevato perché, soprattutto nelle situazioni di crisi, le intese “a misura” di azienda possono favorire il superamento delle criticità, a vantaggio del mantenimento dei posti di lavoro.

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