Rapporti di lavoro

Il Tfr in busta paga rimette in gioco le scelte sulla previdenza

di Paolo Rossi

Il Tfr che entrerà in busta paga perderà la sua ontologica funzione previdenziale. L’articolo 1 della legge di Stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), al comma 26, sancisce che con la liquidazione diretta mensile della quota maturanda del Tfr l'emolumento diventa “parte integrativa della retribuzione”.

Ciò sta a significare che il trattamento di fine rapporto dei lavoratori che opteranno per la monetizzazione, pur continuando a maturare secondo le regole dell'art. 2120 del codice civile, entrerà a far parte, a tutti gli effetti, della retribuzione ordinaria corrente del lavoratore (al netto del contributo dello 0,50% di cui all'articolo 3, ultimo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297).

La legge di Stabilità 2015, tuttavia, al fine di evitare le conseguenti implicazioni tributarie e contributive che avrebbero fatto seguito alla diversa qualificazione delle somme, ha espressamente sancito che sulle stesse è applicabile l'Irpef a tassazione ordinaria e non sono dovuti i contributi previdenziali obbligatori.

Non saranno più applicabili le disposizioni speciali contenute nell'articolo 19 del Tuir, in base alle quali l'aliquota d'imposta è calcolata dal datore di lavoro con un peculiare metodo di tassazione separata, in via provvisoria, e successivamente riliquidata dall'agenzia delle Entrate in base all'aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione.

Ne deriva che, ad eccezione dei casi in cui il lavoratore beneficiario rientri nella fascia di reddito no tax area, l'aggravio fiscale sarà inevitabile, se non altro per il fatto che con la tassazione ordinaria saranno applicabili anche le addizionali Irpef e le somme concorreranno alla formazione del reddito complessivo. Unica eccezione, in merito a quest'ultimo aspetto, è la non rilevanza ai fini della verifica dei limiti di reddito complessivo di cui all'articolo 13, comma 1-bis, del Tuir, ossia del nuovo “Bonus di 80 Euro” che è stato definitivamente messo a regime dalla stessa Legge di Stabilità.

Restando in ambito fiscale, è il caso di segnalare anche il comma 623, art. 1, della legge di Stabilità, che fa scattare l'aliquota ex articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47, dall'11 al 17 per cento. Come noto, si tratta dell'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi che colpisce le rivalutazioni del Tfr, calcolata e trattenuta a cura dei sostituti d'imposta in sede di accantonamento annuale o in sede di cessazione del rapporto di lavoro. Da notare che il successivo comma 625 della stessa norma ne differisce l'applicazione alle rivalutazioni “decorrenti dal 1º gennaio 2015”, pertanto nessun effetto si avrà sul saldo dell'imposta sostitutiva relativa al 2014.

La scelta di monetizzare mensilmente il Tfr in busta paga incederà sulle precedenti opzioni effettuate in ordine al regime della previdenza complementare, quindi sia con riferimento alle quote di Tfr che il lavoratore aveva deciso di trasferire ad un fondo di previdenza integrativa, sia con riferimento alle quote di Tfr che, per le aziende con più di 50 dipendenti, finivano nel calderone del Fondo di Tesoreria Inps quando il lavoratore decideva di lasciare il Tfr in azienda. In definitiva, ogni scelta precedente potrà essere rimessa in discussione, benché limitatamente alla quota di Tfr maturando.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©