Rapporti di lavoro

La revisione delle mansioni punta sull’inquadramento

di Daniele Colombo


Il lavoratore dovrà essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all'inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte. Non solo. In caso di mutamento degli assetti organizzativi dell'impresa che incidano su una posizione lavorativa e negli ulteriori casi individuati dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro avrà la facoltà di modificare unilateralmente e in pejus le mansioni del lavoratore, nei limiti, tuttavia, di un solo livello di inquadramento. Sono queste alcune delle modifiche contenute nello schema di decreto legislativo di attuazione della legge delega 183 del 2014 (articolo 1, comma 7), ora all’esame delle commissioni parlamentari.

In primo luogo, lo schema di decreto sostituisce il concetto di categoria con quello di inquadramento. In questo modo il lavoratore potrà essere “spostato” all'interno delle mansioni previste dallo stesso livello contrattuale senza che il datore di lavoro rischi una vertenza per demansionamento. Su questo punto, in ogni caso, ci si chiede che cosa succeda nel caso in cui un datore di lavoro non applichi un contratto collettivo nazionale di lavoro.

Infatti, mentre il concetto di mansioni e categoria trovano una loro definizione nella legislazione, ciò non avviene per l'inquadramento che, invece, necessariamente trova una sua specifica solo nella contrattazione collettiva. Una soluzione al quesito potrebbe essere trovata nell'applicazione di contratti collettivi di settori affini a quello in cui opera l'impresa anche facendo riferimento all'articolo 2070 del Codice civile. Sempre in tema di modifica di mansioni, poi, ci si chiede che cosa succeda in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che finiscano per incidere su più lavoratori adibiti a mansioni fungibili. In che modo deve essere operata la scelta del lavoratore che sarà assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore? Il nuovo schema di decreto legislativo su questo punto tace. A meno di interventi modificativi dell'ultima ora, una soluzione può essere trovata nel criterio della buona fede e della correttezza. In questo senso, si deve ritenere coerente con il canone di correttezza la scelta del lavoratore giustificata con l'applicazione dei criteri di scelta previsti dalla legge 223/1991: anzianità aziendale, carichi di famiglia ed esigenze tecniche organizzative e/o produttive.

Da ultimo, ci si chiede quale sia il trattamento retributivo del lavoratore assegnato a una mansione corrispondente a un livello di inquadramento inferiore. Tenuto conto che la retribuzione, per espressa disposizione di legge, rimarrà invariata (salvi gli elementi retributivi legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione) così come invariato rimarrà il livello di inquadramento, come verranno regolati gli aumenti retributivi contrattuali? Si farà riferimento alle mansioni appartenenti al livello inferiore ovvero si prenderà in considerazione il livello di inquadramento invariato? Una soluzione al quesito potrebbe essere quella di riconoscere gli aumenti retributivi del livello di appartenenza indipendentemente dalle mansioni. Questa interpretazione, infatti, pare giustificata dal tenore letterale della norma, dall'assenza di indicazioni di legge contrarie oltre che dal principio del favor per il lavoratore.

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