Rapporti di lavoro

Definite le tabelle di equiparazione per la mobilità nel pubblico impiego

di Armando Montemarano

Ha senso parlare di «mobilità» se questa è lo strumento per indirizzare il personale dove ce n'è davvero bisogno. Dunque deve trattarsi di mobilità obbligatoria, seppure nell'ambito di garanzie per chi vi sia assoggettato.
L'altra mobilità, quella volontaria, utile a chi desidera cambiare sede di lavoro quando la sua preferenza è compatibile con le esigenza datoriali, è del tutto ininfluente alla migliore distribuzione del personale pubblico, indispensabile in un periodo caratterizzato da rapide evoluzioni che rendono impensabile coniugare l'efficienza del sistema amministrativo con la permanenza di ogni singolo dipendente nella medesima sede per l'intera vita lavorativa.

Venti anni fa, ma anche 10, l'Italia era un'altra e differenti erano i fabbisogni di personale delle diverse amministrazioni pubbliche. Facendo leva sulla mobilità volontaria, ogni anno si attuano poche centinaia di trasferimenti (circa 2.500, ad esempio, nel 2012) che riguardano meno dello 0,1% del personale pubblico.

Un percorso accidentato, iniziato almeno nel 2009 con l'inserimento dell'articolo 29-bis nel corpo del Dlgs 165/2001, è segnato ora da una tappa ulteriore, costituita dalla pubblicazione del Dpcm 26 giugno 2015, necessaria per agevolare la piena attuazione del successivo articolo 30 «che impone alle pubbliche amministrazioni che devono coprire eventuali posti vacanti del proprio organico di avviare le procedure di mobilità prima di procedere all'espletamento delle procedure concorsuali e di cui non è dubitabile in alcun modo l'applicazione anche agli enti locali» (Consiglio di Stato 18 agosto 2010, numero 5830).


Il quadro normativo
Nel testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato si distingue la mobilità interna, o intercompartimentale, dalla mobilità esterna. Quest'ultima ricorre nella (infrequente) ipotesi di trasferimenti di attività, assoggettati alla normativa generale istituita dall'articolo 2112 del codice civile e dall'articolo 47 della legge 428/1990, la quale in buona sostanza prevede, previo confronto sindacale, la continuazione dei rapporti di lavoro con il cessionario dell'attività e la conservazione da parte del personale di tutti i diritti che ne derivano (articolo 31 del Dlgs 165/2001).

La mobilità intercompartimentale si distingue, a sua volta, in mobilità individuale, concernente uno o più singoli dipendenti, e mobilità collettiva, riguardante l'ipotesi di pubbliche amministrazioni che presentano situazioni di soprannumero o rilevano comunque eccedenze di personale in relazione alle esigenze funzionali o alla situazione finanziaria. Per quel che attiene alla mobilità intercompartimentale, l'articolo 30 del Dlgs 165/2001 prevede che le amministrazioni possono ricoprire i posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni.

La stessa disposizione individua diversi tipi di mobilità intercompartimentale, da ridursi sostanzialmente ai tre definiti con il Dpcm 20 dicembre 2014:
- mobilità volontaria: passaggio diretto ad altra amministrazione dei dipendenti che fanno domanda di trasferimento, previo assenso dell'amministrazione di appartenenza; integra una modificazione soggettiva del rapporto di lavoro con il consenso di tutte le parti e, dunque, una cessione del contratto (Cassazione, sezioni unite, 12 dicembre 2006, numero 26420, che proprio per tale natura del rapporto esclude la legittimità del patto di prova con l'amministrazione di destinazione);
- mobilità obbligatoria: disposta, anche senza l'assenso del lavoratore, previo accordo tra amministrazioni pubbliche, in altra amministrazione la cui sede sia collocata nel territorio dello stesso Comune ovvero a distanza non superiore a 50 chilometri dalla sede di provenienza; comporta l'inserimento del dipendente in una diversa realtà organizzativa e in un mutato contesto di regole normative e retributive, con applicazione del trattamento in atto presso l'amministrazione di destinazione, compreso quello accessorio previsto nei contratti collettivi applicati nel nuovo comparto, non giustificandosi diversità di trattamento (salvo eventuale assegno «ad personam») tra dipendenti della medesima amministrazione a seconda della provenienza (Cassazione 19564 del 13 settembre 2006);
- mobilità funzionale: disposta, o derivante dai criteri definiti con apposito decreto, anche con passaggi diretti di personale tra amministrazioni senza preventivo accordo, per garantire l'esercizio delle funzioni istituzionali da parte di quelle amministrazioni che presentano carenze di organico.
L’articolo 29-bis del Dlgs 165/2011, al fine di favorire i processi di mobilità fra i comparti di contrattazione del personale delle pubbliche amministrazioni, prevede la definizione di tabelle di equiparazione fra i livelli di inquadramento individuati dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione. A ciò provvede il Dpcm 26 giugno 2015.


I criteri di definizione delle tabelle
Nel definire le tabelle ci si è attenuti essenzialmente ai seguenti criteri:
- stabilire, in termini generali e preventivi, l'equiparazione tra le aree funzionali e le categorie di inquadramento del personale appartenente ai diversi comparti;
- confrontare gli ordinamenti professionali disciplinati dai contratti nazionali, tenendo conto delle mansioni, dei compiti, delle responsabilità e dei titoli di accesso relativi alle qualifiche ed ai profili professionali indicati nelle declaratorie delle medesime aree funzionali e categorie;
- individuare la corrispondenza tra i livelli economici, anche sulla base del criterio della prossimità degli importi del trattamento tabellare del comparto di provenienza;
- evitare che la fascia economica derivante da progressione economica nel profilo di appartenenza possa dar luogo all'accesso a profili professionali con superiore contenuto professionale;
- evitare che le corrispondenze modifichino la disciplina prevista per l'inquadramento in posizioni professionali il cui accesso è riservato al pubblico concorso ovvero escluso tramite procedure di mobilità intercompartimentale.

Il decreto tiene presente alcune specificità difficilmente superabili e, quindi, non declina nei quadri di corrispondenza le posizioni stipendiali del personale docente e non docente appartenente al comparto scuola e al comparto delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale, in quanto definite per fasce di anzianità; esclude dai quadri di corrispondenza, in ragione della specificità dell'ordinamento professionale, i professionisti disciplinati nell'ordinamento professionale di alcuni contratti collettivi, nonché i profili professionali di ricercatore e tecnologo, fermi restando per costoro la disciplina vigente in materia di mobilità.
Nel decreto si tiene conto, perché non avrebbe potuto essere altrimenti, dei contratti collettivi nazionali di lavoro vigenti, con la conseguenza che, quand'essi verranno rinnovati, si dovrà procedere all'eventuale aggiornamento della tabella.

L'applicazione delle tabelle
Le tabelle definite dal decreto, come ribadito nell'articolo 1, hanno dunque la finalità di favorire i processi di mobilità fra i comparti di contrattazione del personale non dirigenziale delle pubbliche amministrazioni, individuando la corrispondenza fra i livelli economici di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Le amministrazioni pubbliche dovranno operare, all'atto dell'inquadramento del personale in mobilità, l'equiparazione tra le aree funzionali e le categorie di inquadramento mediante confronto degli ordinamenti professionali disciplinati dai rispettivi contratti collettivi, senza pregiudicare, rispetto al requisito del titolo di studio, le progressioni di carriera legittimamente acquisite.

La fascia economica derivante da progressione economica nel profilo di appartenenza non può, comunque, dare luogo all'accesso a profili professionali con superiore contenuto professionale per i quali sia previsto un più elevato livello di inquadramento giuridico iniziale. L'individuazione della posizione di inquadramento giuridico dovrà tenere conto anche delle specifiche ed eventuali abilitazioni del profilo professionale di provenienza e di destinazione.

Mentre, come detto, nel caso di mobilità volontaria, a seguito dell'iscrizione nel ruolo dell'amministrazione di destinazione al dipendente si dovrà applicare, salvo diversa previsione, esclusivamente il trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi vigenti nel comparto della stessa amministrazione, negli altri casi di mobilità, fatta sempre salva l'eventuale disciplina speciale, i dipendenti trasferiti dovranno mantenere il trattamento economico fondamentale e accessorio, se più favorevole, corrisposto dall'amministrazione di provenienza al momento dell'inquadramento, mediante assegno «ad personam» riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti; ciò, tuttavia, limitatamente alle voci con carattere di generalità e natura fissa e continuativa previste dai vigenti contratti, non correlate allo specifico profilo d'impiego nell'ente di provenienza.

Le corrispondenze fra i livelli economici di inquadramento stabilite dal decreto si applicheranno alle procedure di mobilità avviate successivamente alla sua entrata in vigore, fatti salvi sia le disposizioni di carattere speciale sia gli ordinamenti professionali previsti dalla normativa vigente.

Già il «dossier Cottarelli» indicava come strategia privilegiata per conseguire i risparmi di spesa una serie di interventi volti a favorire la mobilità nel pubblico impiego. La definizione delle tabelle di equiparazione lascia sperare che, una volta passati dall'individuazione degli obiettivi alla predisposizione degli strumenti, ci si impegni finalmente nell'attuazione dei propositi.

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