Rapporti di lavoro

In vigore l’accordo Italia-Hong Kong contro le doppie imposizioni

di Andrea Costa

L'accordo tra l'Italia e Hong Kong per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatto ad Hong Kong il 14 gennaio 2013 e ratificato dal nostro Paese con legge 18 giugno 2015, n. 96, è in vigore dal 10 agosto 2015. Questo è quanto comunicato dal ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 249 del 26 ottobre 2015 - che ha preso atto dello scambio delle notifiche previsto per la relativa entrata in vigore.
Trattasi di un passo importante nelle relazioni commerciali tra i due Paesi, volto a intensificare gli scambi e a migliorare le loro relazioni diplomatiche, soprattutto in considerazione del fatto che Hong Kong è presente tra i Paesi inseriti nelle black lists attualmente in vigore, così come individuati dal Dm 4 maggio 1999, dal Dm 21 novembre 2001 e dal Dm 23 gennaio 2002.
Concentrando l'analisi sugli aspetti che più interessano il lavoratore subordinato transnazionale, si richiama, in sintesi, quanto previsto dagli articoli 4 e 15 dell'Accordo.
L'articolo 4, dedicato alla residenza, introduce le specifiche tie-breaker rules previste dal Modello Ocse, e finalizzate ad individuare il Paese di residenza ai fini della Convenzione. Laddove ai sensi del paragrafo 1 del medesimo articolo 4 un individuo venga considerato residente in entrambe le Parti contraenti:
a) detta persona è considerata residente solo della Parte nella quale abbia un'abitazione permanente. Quando disponga di un'abitazione permanente in entrambe le Parti, è considerata residente solo della Parte in cui le sue relazioni personali ed economiche sono più strette, dando così priorità al centro degli interessi vitali;
b) qualora non si possa determinare la Parte nella quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la medesima non abbia un'abitazione permanente in alcuna delle Parti, è considerata residente solo della Parte in cui soggiorna abitualmente;
c) nel particolare caso in cui detta persona soggiorni abitualmente in entrambe le Parti, ovvero non soggiorni abitualmente in alcuna di esse, le autorità competenti delle Parti contraenti provvedono a risolvere la questione di comune accordo.
Per il lavoratore che svolga all'estero un'attività di lavoro subordinato, le disposizioni di cui all'articolo 4 devono, a loro volta, essere coordinate con quanto dettato dall'articolo 15. In particolare, in tema di lavoro dipendente viene attribuita la potestà impositiva in via principale al Paese di residenza del lavoratore, indipendentemente dalla residenza del datore di lavoro erogante, salvo che, come per i distacchi transnazionali, l'attività lavorativa non sia svolta nell'altro Paese contraente. In tal caso, infatti, la tassazione è concorrente da parte dei due Stati.
In deroga a tale principio, al fine di facilitare la circolazione dei lavoratori per brevi periodi di tempo tra gli Stati contraenti e di semplificare le modalità di tassazione dei relativi proventi, è previsto che, soddisfatte contemporaneamente le condizioni fissate dal paragrafo 2 dell'articolo 15, il reddito di lavoro venga assoggettato ad imposizione unicamente nello Stato di residenza. Non verificandosi anche una sola di dette condizioni, i proventi saranno assoggettati a tassazione concorrente da parte dei due Stati e la doppia imposizione potrà essere attenuata ricorrendo al credito di imposta per le imposte eventualmente pagate nel Paese della fonte come previsto dall'art. 22 dell'Accordo.
Gli articoli 14, 16, 17 e 18, disciplinano le modalità di tassazione, rispettivamente, dei redditi percepiti da professionisti indipendenti, dagli amministratori, dagli artisti e sportivi, dai pensionati.

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