L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Valore legale e probatorio del Cud

di Matteo Ferraris

La domanda

In quale categoria di certificazioni/atti amministrativi è inquadrabile il modello Cud/Cu, e quale è il valore legale e probatorio in sede giudiziale di questa certificazione a carico del sostituto di imposta? Quali eventuali sanzioni di carattere civile/penale (Cass, Sez. Lavoro 12.12.1996 n. 11117, Cass. Sez. Lavoro 11.1.2006 n.245) può comportare la certificazione di dati errati che hanno dato origine ad aggravi di tassazione a carico del lavoratore e vantaggi d'imposta al sostituto che ha dedotto a bilancio quote maggiori mai corrisposte?

Il tema proposto dal gentile lettore assume una grande attualità nell’anno 2016, da quando, cioè, la dichiarazione dei sostituti d’imposta sarà costituita per relationem alla Certificazione Unica. Tale impostazione innesca il dubbio sulla possibile evoluzione della natura della certificazione (rectius, della trasmissione dei dati in essa indicati). Sino ad ora la certificazione costituiva un atto privo di natura dichiarativa, in rapporto strumentale al procedimento tributario funzionale all’amministrazione dei tributi e all’accertamento tributario. A seguito dell’emanazione della certificazione, - il sostituito risulta liberato dalla propria obbligazione tributaria in relazione alla somma oggetto di ritenuta, - l'Erario può rifarsi unicamente nei confronti del sostituto che diviene unico soggetto per essa obbligato, - al percettore di quelle somme non può essere addebitato il successivo comportamento omissivo del sostituto (consistente nell’omesso versamento delle ritenute). L'Amministrazione finanziaria potrà, pertanto, agire anche nei confronti del percettore del reddito solo nel caso in cui non sia stata effettuata alcuna ritenuta e non sia stata effettuata alcuna certificazione delel ritenute. Circa i profili sanzionatori, è bene ricordare che nel rapporto sostituto-sostituito la certificazione costituisce atto informativo, non vincolante l’atto dichiarativo che il contribuente è legittimato a formare secondo la propria scienza. Su tale aspetto sono numerose le indicazioni di prassi relative alla possibilità di correggere i dati della CU; la facoltà per il contribuente di correggere i dati è confermata anche se gli stessi derivano da atti dell’Amministrazione finanziaria così come avviene nel caso del cosiddetto 730 precompilato che il contribuente deve verificare e correggere. Pur in assenza di obbligo formale, ove il contribuente proceda con la correzione di dati derivanti da una certificazione non regolare si ritiene che lo stesso debba formalmente contestare l’irregolarità della certificazione e richiederne una sostituzione con relativo invio all’Agenzia delle Entrate. Sotto il profilo amministrativo la Certificazione Unica errata è appositamente sanzionata (con sanzione di natura amministrativa). La sanzione è irrogata al sostituto da parte dell’Amministrazione finanziaria e il sostituito non è coinvolto. Gli errori o le omissioni relative alla certificazione unica non costituiscono fattispecie penalmente rilevanti ai fini dell’applicazione delle norme recate dal D.Lgs. n. 74/2000. In attuazione del D.Lgs. n. 74/2000, la fattispecie penalmente rilevante (punita con la reclusione da sei mesi a due anni) coinvolge il sostituto che non versa le ritenute dovute sulla base della dichiarazione dei sostituti di imposta ed entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale dei sostituti di imposta. Dopo la recente modifica il reato presupposto può essere accertato anche attraverso la certificazione rilasciata ai sostituiti. Il reato ha una soglia di punibilità recentemente modificata in aumento, misurata per ciascun periodo d'imposta. Circa gli aspetti connessi alle deduzioni di elementi fittizi in bilancio, i dati inseriti nella certificazione sono desumibili da elementi formatisi progressivamente negli infraperiodi e coincidenti con i periodi di paga (ovvero dalla registrazione di costi esterni come le fatture, in caso di lavoro autonomo e provvigioni). La certificazione unica errata non dovrebbe, pertanto, essere un elemento tale da consentire un’alterazione del bilancio posto che gli elementi rilevabili nelle voci b9 e b7 del conto economico sono desumibili dalla contabilità aziendale. Un’alterazione della sola certificazione unica non dovrebbe pertanto essere elemento prodromico per la contestazione della regolare iscrizione contabile di importi diversi. Questa affermazione consente anche di fare migliore chiarezza in merito alla parte conclusiva del quesito (“la certificazione di dati errati che hanno dato origine ad aggravi di tassazione a carico del lavoratore e vantaggi d'imposta al sostituto che ha dedotto a bilancio quote maggiori mai corrisposte?”). Nel bilancio di esercizio i costi sono, infatti, iscritti per competenza. Se una retribuzione è dovuta (in quanto la prestazione corrispettiva è stata svolta conformemente a quanto previsto dal contratto di lavoro), essa affluisce alla contabilità per competenza; al contrario la medesima retribuzione affluirà alla certificazione unica solo se effettivamente erogata al lavoratore. Per tale ragione, una retribuzione dovuta ed erroneamente certificata in quanto non erogata, non dovrebbe secondo logica implicare una contabilizzazione di elementi fittizi. Ovviamente il caso risulterebbe diverso se l’alterazione del bilancio derivasse dall’aterazione delle scritture contabili. In tal caso, appare ragionevole considerare che la mancata correzione della Certificazione Unica in associazione all’alterazione delle scritture contabili possa costituire un elemento aggravante del quadro probatorio teso ad evidenziare l’assenza di ignoranza o errore incolpevole a favore dell’esistenza del dolo.

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