Rapporti di lavoro

Dalle professioni spinta alla crescita

di Alberto Oliveti

Le libere professioni rappresentate nelle Casse di previdenza obbligatoria si confrontano con un quadro di profonde criticità economiche, demografiche e di rappresentatività. L’evoluzione tecnologica stessa può nascondere insidie per la sostenibilità delle gestioni previdenziali. Questo prospetta l’esigenza di governare il cambiamento adattandosi all’evoluzione delle pratiche professionali, mantenendo al tempo stesso attenzione sulle dinamiche tra le generazioni che sono alla base del patto previdenziale.

Queste problematiche e sfide sono in fondo analoghe a quelle che sostiene il sistema industriale e produttivo del nostro Paese.

Le libere professioni potranno costituire un vero motore di sviluppo se verranno correttamente utilizzate le loro spinte propulsive verso l’evoluzione professionale e tecnologica. La questione appare ben chiara all’Unione europea, dal momento che nel varare il piano Horizon 2014-2020 ha identificato le libere professioni, in analogia alle Pmi, come motore dell’auspicato sviluppo.

Lo stesso Governo italiano, nelle sue ricorrenti richieste rivolte alla galassia delle Casse di sostenere il sistema Italia, evidenzia questa consapevolezza di ruolo potenziale. Le Casse esprimono un percorso positivo di gestione patrimoniale, che hanno esercitato efficacemente investendo i contributi incassati, che – ricordiamolo – sono finalizzati al pagamento delle prestazioni di rango costituzionale come le pensioni e l’assistenza al bisogno.

Il bilancio dell’attività delle Casse in questi 20 anni le ha viste vincenti. Gli Enti privati sono stati capaci di rispondere, nell’esercizio della loro autonomia gestionale, al requisito fissato dal decreto Salva Italia di una sostenibilità cinquantennale, un requisito raggiunto con la garanzia di un patrimonio di entità ingente e crescente (attualmente di quasi 80 miliardi euro). E non abbiamo solo riserve patrimoniali in aumento ma anche una buona redditività media e indicatori sul rapporto tra contribuenti attivi e pensionati assolutamente positivi.

Tutto ciò nonostante la nostra autonomia gestionale sia insidiata da un farraginoso sistema di controlli non attenti al risultato bensì al singolo atto che compone la catena operativa. A penalizzarci è anche la fuoriuscita annuale di risorse causata da una tassazione che non ha corrispondenza nel resto d’Europa e che configura un vulnus alla competitività dei professionisti italiani. Se infatti una fiscalità iniqua penalizza il sistema previdenziale di un Paese, costringendolo a chiedere più soldi a un professionista per garantirgli la stessa pensione di un suo concorrente straniero, la competizione non avviene ad armi pari. Se il prelievo previdenziale è più alto, anche le parcelle saranno più elevate. In un’economia e in un mercato senza frontiere gli effetti di questa asimmetria saranno sempre più evidenti.

Rimuovere queste anomalie richiede un intervento legislativo che non sappiamo quando arriverà. Altri cambiamenti, invece, riguardano il nostro interno e li abbiamo avviati da subito. Come Casse ci stiamo muovendo all’insegna di un programma Wise, parola che in inglese significa saggio e che, se letta come acronimo, indica Welfare, Investimenti, Servizi ed Europa. Sono le quattro aree nelle quali, come Casse, stiamo stringendo collaborazioni e sinergie. Il nostro obiettivo è migliorare ancora di più la qualità della nostra offerta e realizzare economie di scala a vantaggio dei nostri iscritti. Per farlo vogliamo prendere le migliori pratiche di welfare esistenti e metterle a fattor comune, allargare a tutti alcuni servizi o fare massa quando abbiamo bisogno di acquistarli, unirci per far sentire la voce dei professionisti in Europa e permettere loro di intercettare al meglio i finanziamenti comunitari. Sugli investimenti stiamo agendo in maniera sempre più coordinata e con un occhio ai nostri bacini professionali, poiché investendo sul lavoro dei nostri iscritti garantiamo sostenibilità alla previdenza e crescita al Paese.

Ricordiamoci che il patrimonio di cui parliamo è stato realizzato con i contributi (ben gestiti) che i professionisti pagano ogni mese, senza aiuti di Stato e nonostante gli abbondanti salassi fiscali.

Sarebbe bene, per equità, che le risorse accantonate ritornino sotto forma di prestazioni previdenziali, assistenziali e di welfare agli appartenenti al sistema professionale che le ha generate. Siamo convinti che sia anche interesse del Paese.

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