Rapporti di lavoro

Per lo smart working controlli da rimodulare

di Claudia Giambanco e Stefania Radoccia


Il lavoro che abbiamo studiato nei libri di testo non esiste più. Luoghi simbolo come la fabbrica e l'ufficio stanno scomparendo: le fabbriche diventano centri commerciali e gli uffici open space articolati su spazi multifunzionali colorati e accoglienti nei quali il lavoro scorre e si condivide. È lo smart working, un termine riassuntivo di approcci diversi ed evocativo di diverse opportunità per imprese e lavoratori (e, perché no, comunità).

Lo smart working, che l'azione del Governo intende promuovere, è nell'agenda di molte imprese con l'obiettivo di sfruttare le tecnologie informatiche per consentire al lavoratore di rimanere integrato nei processi aziendali ovunque si trovi. È una soluzione che dà vantaggi immediati dal punto di vista economico, riducendo le spese associate alle facilities, e consentendo di rispondere ad esigenze personali dei lavoratori lasciando a loro di determinare quando essere presenti. Si tratta di un cambiamento organizzativo e culturale, e non di una semplice soluzione tecnologica: infatti, solo un approccio più completo che sfrutti la tecnologia e le sue potenzialità può consentire un'organizzazione diversa ed efficace, più performante e allo stesso tempo più adatta alle preferenze e ai tempi di vita delle persone. Si tratta di creare modalità di collaborazione anche a distanza, favorire il lavoro di singoli e gruppi sugli stessi supporti e documenti, e ricomporre i processi di lavoro eliminando le attività non critiche e sostituendole con operazioni il più possibile automatizzate. Infatti, lo sviluppo tecnologico degli ultimi anni ha posto la digitalizzazione come tema rilevante prioritario con il quale tutte le imprese sono chiamate a confrontarsi. Il disegno di legge allo studio del Governo, volto ad introdurre nell'ordinamento giuridico italiano lo smart working, mira a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi di lavoro all'interno del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, attraverso una nuova filosofia fondata sulla restituzione ai lavoratori di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti di lavoro. Indicativo quanto emerge da una recente ricerca su 500 manager britannici, condotta dalla The Work Foundation dell'università di Lancaster, che rileva come quasi il 40% delle imprese abbia adottato il lavoro mobile e ben l'80% lo preveda entro il 2020.

L'introduzione di questi schemi di lavoro agile, tuttavia, porta con sè dei dubbi connessi all'assenza di controllo del datore di lavoro. Tali criticità, tuttavia, possono essere risolte attraverso una organizzazione aziendale più flessibile, orientata al raggiungimento di obiettivi. Le aziende, infatti, dovrebbero riorganizzarsi rimodulando il proprio sistema di controlli e adeguandolo alla normativa introdotta mediante il Jobs Act, che assicura un controllo maggiore sulla prestazione di lavoro, introducendo un sistema di indicatori di produttività e collegando la retribuzione al raggiungimento di obiettivi specifici. Ciò da un lato potrebbe portare ad un incremento della produttività e a maggiori investimenti sulla formazione professionale e, dall'altro lato, potrebbe essere un metodo per incentivare la soddisfazione dei lavoratori permettendo una conciliazione dei tempi di vita e lavoro.

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