Rapporti di lavoro

Lavoro accessorio, le novità in arrivo

di Aberto Bosco

Anche a seguito dell'emergere di numerose violazioni, come ampiamente preannunciato a mezzo stampa, il Governo si è mosso per modificare la disciplina del lavoro accessorio, attualmente contenuta negli articoli da 48 a 50 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.

A tale scopo è stato presentato uno “Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81, e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151”. Le novità che riguardano il lavoro accessorio sono contenute nell'art. 1 della “bozza” del provvedimento, il quale deve completare il proprio iter e che, quindi, non è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e non è ancora divenuto norma dello Stato. Dato l'interesse della materia, anticipiamo di seguito il contenuto delle nuove disposizioni che potrebbero entrare in vigore tra qualche tempo.

La prima modifica riguarda il comma 1 dell'articolo 48 - Definizione e campo di applicazione

Art. 48, co. 1 - Testo oggi vigente
1. Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. Fermo restando il limite complessivo di 7.000 euro, nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente ai sensi del presente comma.


Art. 48, co. 1 - Testo post modifiche
1. Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. Fermo restando il limite complessivo di 7.000 euro, nei confronti dei committenti imprenditori non agricoli o professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente ai sensi del presente comma.

La modifica riguarda dunque gli imprenditori “agricoli”, i quali verrebbero parificati ai committenti “privati” (ossia ai non imprenditori né professionisti), e che potrebbero quindi erogare, sotto forma di voucher, un corrispettivo massimo pari a 7.000 euro netti nei confronti di ogni singolo prestatore di lavoro.
Entro tale limite di importo (rivalutabile annualmente), ai sensi del riformato articolo 48, comma 3, prestazioni di lavoro accessorio potrebbero dunque essere rese in ogni anno civile (ossia nel periodo di tempo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre di ogni anno), con riferimento alle attività:
a) lavorative di natura occasionale rese nell'ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di 25 anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, o in qualunque periodo dell'anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l'università;
b) agricole svolte a favore di soggetti di cui all'articolo 34, co. 6, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 (si tratta dei produttori agricoli con volume d'affari non superiore a 7.000 euro), che non possono, tuttavia, essere svolte da soggetti iscritti l'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

La modifica più rilevante è tuttavia quella prevista all'articolo 49, comma 3, il quale - a seguito della riformulazione proposta dal Governo - potrebbe disporre quanto segue:
a) i committenti imprenditori non agricoli o professionisti che ricorrono a prestazioni di lavoro accessorio devono, almeno 60 minuti prima dell'inizio della prestazione, comunicare alla sede territoriale competente dell'Ispettorato nazionale del lavoro, mediante sms o posta elettronica, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, indicando, altresì, il luogo e la durata della prestazione (ne deriva che ogni prestazione giornaliera deve essere preceduta da una comunicazione inviata almeno 60 minuti prima, indicando luogo e durata dell'attività);
b) i committenti imprenditori agricoli sono tenuti a comunicare, nello stesso termine e con le stesse modalità di cui sopra, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione con riferimento a un arco temporale non superiore a 7 giorni (si tratterebbe dunque di un'agevolazione limitata ai soli “committenti imprenditori agricoli”, in base alla quale una sola comunicazione può “coprire” 7 giorni e non uno solo come nell'ipotesi che precede);
c) con decreto del Ministro del lavoro possono essere individuate modalità applicative della disposizione di cui sopra nonché ulteriori modalità di comunicazione in funzione dello sviluppo delle tecnologie;
d) infine, in caso di violazione degli obblighi in esame si applica la sanzione amministrativa da 400 a 2.400 euro per ogni lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione (la sanzione sarebbe dunque la medesima già oggi in vigore per la violazione dell'obbligo di chiamata in relazione al contratto di lavoro intermittente); non si applica la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.

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