Rapporti di lavoro

Per la somma dovuta per la sospensione risponde solo l’impresa

di Virginio Villanova

La sospensione dell'attività imprenditoriale è un provvedimento molto efficace, adottato nei confronti dell'imprenditore che impiega lavoratori in nero sopra una certa soglia o che non rispetta le norma di sicurezza.
In questi casi l'ispettore adotta il provvedimento di sospensione e l'imprenditore è tenuto a regolarizzare i lavoratori e le violazioni in materia di sicurezza, oltre a pagare una somma determinata, per ottenere la revoca del provvedimento di sospensione e riprendere la propria attività imprenditoriale.
Diversamente gli è impedito di svolgere la propria attività se non vuole incorrere in una violazione di tipo penale.
Le nuove disposizioni in materia di revoca della sospensione dell'attività imprenditoriale hanno tenuto conto del fatto che l'importo da pagare per ottenere la revoca del provvedimento, nella situazione di crisi che viviamo, era particolarmente oneroso visti i termini (24 ore) entro cui andava pagata la somma aggiuntiva.
L'importo di 2 mila euro e di 3.200 euro richiesti per l'impiego di lavoratori in nero o per le violazioni alle misure di sicurezza sono stati sdoppiati in due quote: la prima del 25% (di 500 o di ottocento euro) da pagare subito per ottenere il provvedimento di revoca e la parte rimanente, maggiorata del 5% per interessi, da pagare entro il più ampio termine di sei mesi dall'accoglimento dell'istanza di revoca.
Le somme residue da pagare, devono essere pagate solo dall'impresa e non possono essere richieste al legale rappresentante (nota del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali DGAI del 12 luglio 2016) .
Questa situazione si può verificare (e si verifica nei fatti) in quanto l'imprenditore, ottenuta la revoca, può dimostrare un minore interesse a pagare le somme aggiuntive residue che vanno richieste in forma coattiva mediante iscrizione a ruolo.
Il Ministero nella nota richiamata precisa che siamo in presenza della sola responsabilità dell'impresa anche perché la natura del debito pecuniario è quella di somma aggiuntiva e non si sanzione amministrativa, che genererebbe la figura del trasgressore individuato nel legale rappresentante pro tempore.
Nella nota si ricorda come anche in altri casi il pagamento delle somme aggiuntive gli effetti della mancata commissione di illeciti amministrativi abbiano visto come unico destinatario l'impresa e non la persona fisica.
Viene fatto l'esempio della normativa in materia di Durc, dove la commissione delle violazioni impedisce l'emissione di un Durc regolare anche in ipotesi di sostituzione dell'autore dell'illecito.
Per tale ragione l'obbligo di versare la somma aggiuntiva grava solo sull'impresa la cui attività è stata oggetto del provvedimento di sospensione.
Per il calcolo degli interessi, a cui si faceva cenno sopra, la data da cui far partire per il conteggio non può che essere quella di notifica del provvedimento di accoglimento dell'istanza di pagamento dilazionato e non quella di presentazione dell'istanza di revoca, nelle sole ipotesi in cui le due date non coincidano.

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