Rapporti di lavoro

Sanzioni parziali per aziende extra Ue

di Luigi D'Ambrosio e Michela Magnani

Il decreto legislativo 136/2016, con cui lo Stato italiano ha recepito la direttiva 2014/67/Ue, contiene l'elenco degli obblighi e degli adempimenti che le società estere, comunitarie ed extracomunitarie che inviano lavoratori in Italia per la prestazione di servizi, sono tenute a osservare per evitare l'applicazione delle sanzioni previste dallo stesso provvedimento in caso di inadempimento.


In particolare, l'articolo 3 del decreto stabilisce che, qualora una società estera invii in Italia un proprio lavoratore sulla base di un distacco non “genuino”:
- il lavoratore verrà considerato quale dipendente del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione;
- la società che ha inviato il lavoratore e quella italiana che ne ha utilizzato la prestazione saranno punite con una sanzione amministrativa pecuniaria di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione, per un importo complessivo compreso tra 5.000 e 50.000 euro.


In aggiunta, sulla base del successivo articolo 12, la società estera che invia personale in Italia senza rispettare gli obblighi amministrativi di comunicazione indicati all'articolo 10 sarà punita con l'applicazione di specifiche sanzioni per un importo massimo complessivo che non potrà essere superiore a 50.000 euro.
In merito ai soggetti esteri destinatari delle sanzioni prima indicate si rileva che, mentre quelle relative al distacco non genuino sembrano essere applicabili a tutti i datori di lavoro comunitari ed extracomunitari, le sanzioni amministrative previste dall'articolo 12 sembrano invece essere applicabili unicamente alle società comunitarie che abbiano violato gli obblighi amministrativi dell'articolo 10. Ciò in quanto l'articolo 1, comma 5, del Dlgs 136/2016, sebbene includa gli obblighi amministrativi dell'articolo 10 tra quelli che le società extracomunitarie sono tenute a rispettare, non menziona l'articolo 12 nell'elenco di norme applicabili alle imprese extracomunitarie.


Pur nell'attesa degli indispensabili chiarimenti e conferme di quanto sopra esposto, si ritiene che la mancata previsione di sanzioni nei confronti delle società extracomunitarie che violino gli obblighi amministrativi potrebbe giustificarsi con l'assenza di appositi accordi internazionali per la riscossione transnazionale di sanzioni pecuniarie non potendosi tra l'altro, automaticamente estendere la responsabilità congiunta/solidale della società italiana distaccataria.


In effetti, già in ambito comunitario, la riscossione transnazionale di sanzioni amministrative ha incontrato – per stessa ammissione delle istituzioni comunitarie - serie difficoltà applicative, dovute alle disparità esistenti in tale ambito negli ordinamenti degli Stati membri, al punto che, proprio al fine di superare tali difficoltà, la direttiva 2014/67/Ue ha introdotto norme volte a favorire il reciproco riconoscimento delle sanzioni.
Per quanto riguarda l'Italia, la procedura da osservare per l'esecuzione delle sanzioni comminate nei confronti delle società estere che abbiano violato gli obblighi è prevista agli articoli 13 e seguenti del Dlgs 136/2016, che identificano anche le autorità competenti a trasmettere la richiesta di pagamento.


Pertanto, occorrerà verificare se, con il recepimento da parte degli Stati membri della direttiva 2014/67/Ue, si riuscirà ad armonizzare le previsioni contenute negli ordinamenti interni e a dare attuazione, almeno in ambito comunitario, al principio del riconoscimento reciproco delle sanzioni amministrative pecuniarie.


Si segnala, infine, che il decreto ha introdotto anche un regime di responsabilità solidale delle società italiane committenti con le società estere che inviino propri dipendenti in Italia, nell'ambito della prestazione di servizi. Infatti, l'articolo 4 prevede che debba trovare applicazione il regime di responsabilità solidale previsto dagli articoli 1676 del codice civile e 29, comma 2, del Dlgs 276/2003.


Tale rinvio è di non poco conto, in quanto dallo stesso consegue che la società italiana committente sarà tenuta in solido con l'appaltatore estero, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, a corrispondere ai lavoratori inviati in Italia i trattamenti retributivi e contributivi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto, entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto.
Sarà pertanto opportuno che le società italiane che appaltano a società estere la prestazione di servizi monitorino l'effettivo versamento delle retribuzioni e dei contributi, al fine di evitare di incorrere in costi futuri.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©