Rapporti di lavoro

I controlli sulle borse dei dipendenti solo con autorizzazione e in casi eccezionali

di Antonio Carlo Scacco

L’ esecuzione di controlli a campione sul contenuto delle borse dei dipendenti attraverso sistemi di selezione imparziale e casuale è possibile solo a seguito di provvedimento di autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro competente che ne accerti la indispensabilità: è questo il contenuto del parere del Ministero del lavoro 8 novembre 2016, n. 20542.

L'istanza dell’ azienda tendeva ad accertare l’ eventuale sussistenza dei presupposti previsti dall'articolo 6 dello Statuto dei lavoratori (legge 300/1970) circa la effettuazione di tali controlli in funzione di "esigenze di tutela del patrimonio aziendale e contro illeciti".
La nota dell'organo vigilante, nel ripercorrere la evoluzione giurisprudenziale formatasi sulla norma, ha avuto cura di segnalarne la lettura evolutiva, nel segno di una progressiva estensione dei diritti della personalità e della protezione della dignità e riservatezza del lavoratore. In tal senso, si legge nella nota, la giurisprudenza di merito e legittimità ha superato l'originario indirizzo che riteneva non necessario il provvedimento autorizzatorio (in difetto di accordo sindacale) per la perquisizione degli effetti personali, differentemente da quanto richiesto per la visita personale (in ciò confortata dalla formulazione letterale della norma).

Talché appare pacifico, allo stato, "ricomprendere nella procedura autorizzatoria per le visite personali di controllo anche l'ispezione degli oggetti di proprietà del lavoratore, quali borse, zaini, ed accessori simili" (è tuttavia doveroso segnalare come una recente pronuncia del merito, la sentenza Corte appello di Potenza n. 102 del 2 aprile 2015, ha tuttavia ribadito come il disposto dell'art. 6 dello Statuto riguardi unicamente le ispezioni corporali, ma non anche quelle sulle cose del lavoratore).

Pertanto, ammessa la possibilità di controlli previa autorizzazione, la nota della Direzione ispettiva si sofferma sulle condizioni al verificarsi delle quali di quest'ultima si rende possibile il rilascio. La verifica della indispensabilità del controllo, si precisa, deve essere svolta "in maniera particolarmente rigorosa" verificando la sussistenza di due condizioni in particolare: la intrinseca qualità dei prodotti/merci potenzialmente asportabili (in relazione alla loro segretezza, pericolosità, valore economico e/o trasportabilità) nonché la impossibilità di impedire o prevenire i furti utilizzando strumenti diversi dalle perquisizioni personali (registrazioni dei movimenti delle merci, misure atte a disincentivare gli ammanchi ecc.). Rigorosità delle condizioni che permettono di configurare la astratta possibilità di effettuare controlli sugli effetti personali dei dipendenti, appunto, come extrema ratio, ricorribile solo quando le altre vie, meno invasive, non paiono accessibili.

Quanto alla richiesta dell'azienda di poter effettuare ispezioni negli armadietti personali siti negli spogliatoi aziendali da lasciare appositamente aperti, a tale scopo, ad ogni fine turno, la nota risponde che tali tipologie di controlli non richiederebbero necessità di accordo sindacale o, in alternativa, dell'autorizzazione da parte della Direzione territoriale del lavoro essendo al di fuori della previsione di cui all'art. 6 dello Statuto (anche volendo abbracciare una accezione molto estensiva della nozione di visita personale). Sul punto è opportuno ricordare una risalente sentenza del merito (Pret Milano 1 luglio 1988) che affermò la legittimità del controllo sull'armadietto personale del lavoratore, ai sensi dell'articolo 6 dello Statuto, in quanto di uso esclusivo del lavoratore.

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