Rapporti di lavoro

Addio alla mobilità, arriva il ticket di licenziamento

di Mauro Marrucci

Mobilità, si cambia. Dal 1° gennaio 2017, sono state definitivamente abrogate le disposizioni normative relative alla mobilità per effetto dell'art. 2, comma 71, della legge n. 92/2012 con diverse conseguenze dai punti di vista giuridico ed operativo in caso di licenziamento collettivo.
In primo luogo, i datori di lavoro soggetti alla Cigs, quando il licenziamento faccia seguito ad una procedura di cassa integrazione straordinaria, non sono più tenuti a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità per ciascun lavoratore licenziato (nove volte quando il licenziamento non seguisse una procedura Cigs): contributo ridotto a tre volte quando la dichiarazione di eccedenza del personale avesse formato oggetto di accordo sindacale.
Tale contribuzione è sostituita dal c.d. ticket di licenziamento, volto al finanziamento della NASpI. Il datore di lavoro deve versare, per ogni lavoratore licenziato, una somma pari al 41 per cento del massimale mensile di NASpI per ciascun periodo di dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Nei casi in cui il licenziamento collettivo non formi oggetto di accordo sindacale, il contributo di licenziamento viene triplicato.
L'abolizione della tassa d'ingresso non permette più l'allegazione della ricevuta di pagamento alla copia della comunicazione iniziale da inviare all'Ispettorato Territoriale del Lavoro.
Il contributo di licenziamento per il finanziamento della NASpI (fino al 6 marzo 2015 per l'ASpI) è invece dovuto in termini ordinari, dal 1° gennaio 2013, anche per i licenziamenti collettivi effettuati da datori di lavoro che, non essendo soggetti alla Cigs, non sono tenuti al versamento della tassa d'ingresso per la mobilità.
Non è più dovuto l'invio della comunicazione di cui all'art. 4, comma 9, della legge n. 223/1991 all'amministrazione regionale o provinciale competenti. Tale adempimento era infatti connesso all'iscrizione nelle liste di mobilità – ora abolite - dei lavoratori licenziati. La comunicazione deve continuare invece ad essere inviata alle associazioni di categoria interessate alla procedura per valutare il corretto adempimento dei criteri di selezione del personale licenziato.
Stante l'abrogazione dell'art. 8, e con esso il comma 2, e dell'art. 25, comma 9, della legge n. 223/1991, vengono meno le agevolazioni per le assunzioni a termine e a tempo indeterminato dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità. Ove l'assunzione sia stata effettuata nel 2016, ai sensi dell'art. 8, comma 2, primo periodo della legge n. 223/1991, con un contratto a termine scadente nel 2017, giunti alla scadenza non sarà possibile effettuare la trasformazione del contratto a tempo indeterminato godendo delle agevolazioni ulteriori previste dall'art. 8, comma 2, ultimo periodo, della stessa legge.
Parimenti dal 1° gennaio 2017 sono state abrogate le disposizioni agevolative, dettate dall'art. 8, comma 4, della legge n. 223/1991, a mente del quale – con l'eccezione dei giornalisti - al datore di lavoro che, senza esservi tenuto, avesse assunto a tempo pieno e indeterminato un lavoratore iscritto nella lista di mobilità veniva concesso, per ogni mensilità di retribuzione erogatagli, un contributo mensile pari al cinquanta per cento dell'indennità di mobilità che gli sarebbe stata corrisposta.
Alla stessa maniera, in ragione dell'abrogazione dell'art. 8, comma 4, e dell'art. 25, comma 9, della legge n. 223/1991, sono state soppresse le agevolazioni in materia di apprendistato professionalizzante – ai fini della qualificazione o riqualificazione professionale dei lavoratori - di cui all'art. 47, comma 4, del D.Lgs. n. 81/2015.
Con il corrente 2017 sarebbe venuta meno anche la possibilità per i lavoratori, prevista dall'art. 7, comma 5, della legge n. 223/1991, di beneficiare dell'anticipazione dell'indennità di mobilità. Occorre tuttavia comprendere se tale diritto si sia generato con l'eventuale iscrizione nella lista avvenuta nel 2016 – ragione per cui secondo il principio del tempus regit actum sarebbe comunque esercitabile anche nel 2017 – o se esso sorga con la mera presentazione della domanda: in tal caso non sarebbe più possibile la richiesta dell'anticipazione dal 1° gennaio 2017.

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