Rapporti di lavoro

I primi passi fatti di obiettivi concreti

di Maria Carla De Cesari

Ci sono due misure che possono essere elette come cifra positiva del Ddl sul lavoro autonomo: le deleghe che hanno l’obiettivo di «rafforzare le prestazioni di sicurezza e protezione sociale dei professionisti».

Da un lato, le Casse private potranno attivare interventi dedicati ai professionisti in difficoltà reddituali. Dall’altro, il Governo potrà definire misure per estendere le prestazioni di maternità e l’indennità di malattia alle partite Iva iscritte alla gestione separata Inps.

Si tratta di rispondere a esigenze puntuali, derivanti dalle debolezze dell’universo del lavoro autonomo. Situazioni in cui si fatica a tenere il passo con la domanda del mercato e a trovare filoni più redditizi rispetto a settori di attività inflazionati o a basso valore aggiunto sono comuni ed emergono dai dati reddituali diffusi dalle Casse di previdenza. Accanto alle élite professionali, infatti, moltissimi professionisti hanno ridotto, di molto, i compensi e , in alcuni casi faticano a raggiungere livelli dignitosi. Per le partite Iva, poi, che spesso non possono neppure contare sulla microstruttura di uno studio professionale con un nucleo di attività che perdura nel tempo, i periodi di malattia, pure non lunghissimi, possono tramutarsi in un incubo anche economico. Il Ddl ha l’ambizione di rispondere - ed è questo l’aspetto lodevole - a esigenze puntuali, con misure specifiche.

In alcuni casi, non va sottovalutato, l’effetto combinato, come quello che potrebbe scaturire dalla definizione delle clausole abusive (quelle in cui il committente si attribuisce uno strapotere) e il complesso delle nuove norme sulla malattia per le partite Iva.

In questo senso, il Ddl può essere il punto di partenza per una nuova politica verso i lavoratori autonomi (non gli imprenditori secondo il Codice civile, sono dunque esclusi anche artigiani e commercianti), a patto di evitare tentazioni corporative.

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