Rapporti di lavoro

Per i giornalisti nessun diritto potestativo ad andare in pensione a 70 anni

di Mauro Pizzin


La permanenza al lavoro fino a settant'anni di età non costituisce un diritto potestativo del lavoratore, ma può essere solo frutto di un accordo fra il dipendente e l'azienda.

È sulla base di questa motivazione che la Corte di cassazione, con la sentenza 6776/17 depositata ieri, ha dato ragione alla Rai al termine di una causa che vedeva l'azienda di Stato contrapposta ad una sua giornalista, la quale aveva contestato la sua messa in quiescenza al raggiungimento del sessantacinquesimo anno d'età, una volta maturati i requisiti assicurativi e contributivi della pensione di vecchiaia previsti dall'Inpgi, l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani.
Il Tribunale di Milano aveva dichiarato illegittimo il licenziamento della lavoratrice, che intendeva restare in servizio fino al settantesimo anno di età, condannando la società a reintegrare la dipendente nel posto di lavoro in base all'articolo 18 della Legge 300/70: una scelta confermata in secondo grado anche dalla Corte d'appello di Milano, nei confronti della cui sentenza la Rai aveva presentato ricorso in Cassazione.
I giudici di legittimità, nel valutare la questione, hanno richiamato, confermandolo, il principio espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza 17589/15, la quale nel valutare un caso analogo ha stabilito in linea generale che l'articolo 24, comma 4, del Dl 201/2011 (riforma pensionistica Monti-Fornero), nel prevedere la possibilità di proseguire l'attività lavorativa fino al settantesimo anno d'età per gli iscritti all'Assicurazione generale obbligatoria (Ago), non crea alcun automatismo, ma si limita a prefigurare condizioni previdenziali di incentivo alla prosecuzione dello stesso rapporto per un lasso di tempo che può estendersi fino a quella data. Nella stessa sentenza – ricorda la Cassazione – le Sezioni Unite avevano peraltro anche affermato che la disciplina applicabile agli iscritti all'Inpgi è quella assicurata dall'articolo 24, comma 24, dello stesso Dl 201, così come previsto per iscritti agli altri gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza privatizzati, escludendo che le disposizioni contenute nell'articolo 24, comma 4, «possano avere una estensione così ampia da abbracciare anche posizioni assicurative ricomprese nel successivo comma 24».

La sentenza n. 6776/17 della Corte di cassazione

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