Rapporti di lavoro

Scatta il prelievo Irpef sulle spese di trasferta addebitate al cliente

di Nicola Forte

Le spese relative alle trasferte effettuate nell’attività di lavoro, se addebitate all’impresa che ha conferito l’incarico professionale, hanno natura di compensi assoggettati a Irpef. Ciò anche laddove nel linguaggio comune l’addebito degli oneri viene qualificato come un mero rimborso spese.

In effetti, l’addebito effettuato dal professionista assolve alla finalità di reintegrarlo rispetto agli oneri che egli ha sostenuto, in quanto direttamente riferibili all’esecuzione dell’incarico che gli è stato conferito. Ma, trattandosi di oneri che sono stati sostenuti per conto dell’impresa, ma in nome del professionista, le somme addebitate al cliente hanno natura di compensi soggetti a tassazione secondo i criteri ordinari. In questo caso l’impresa committente deve operare sulla somma complessivamente fatturata, all’atto del pagamento dei compensi, unitamente alle spese addebitate, la ritenuta di acconto nella misura del 20 per cento. Il professionista dovrà emettere la relativa fattura ex articolo 21 del Dpr 633/1972, applicando l’Iva, nella misura del 22 per cento, non solo sui compensi strettamente riferibili alla prestazione professionale svolta, ma anche alle spese così sostenute ed addebitate.

Partite di giro

Gli oneri relativi alla trasferta, e anticipati dal professionista prima di effettuarne, in sede di emissione della fattura, il relativo addebito, non devono essere confusi con le spese anticipate in nome e per conto del cliente. Tale categoria di oneri è direttamente riferibile alla sfera giuridica del committente e, anche se il professionista le anticipa in nome e per conto del cliente, l’eventuale addebito è completamente escluso da tassazione. Ciò a condizione che le somme anticipate siano regolarmente documentate e il professionista che anticipa l’onere spenda il nome del cliente.

Si tratta, in sostanza, di mere partite di giro o anticipazioni finanziarie che dovrebbero gravare, sin dall’origine, direttamente sulla sfera del committente. Ad esempio, per gli architetti rientrano in questa categorie di spese, escluse da tassazione all’atto del rimborso, gli oneri concessori, i diritti di segreteria ed altri oneri che sono pagati in favore del Comune per la Scia, la Dia eccetera. Questi oneri sono direttamente riferibili al soggetto che ha commissionato il lavoro. Pertanto, se il professionista li anticipa e, dopo avere ottenuto regolare documentazione, le addebita in eguale misura nei confronti del cliente, l’eventuale incasso, unitamente ai compensi, come risultanti dalla fattura, non è soggetto a imposizione. L’importo tassabile è costituito esclusivamente dai compensi professionali.

In diminuzione dal reddito

La circostanza che le spese relative alla trasferta legata all’esecuzione dell’incarico professionale, e addebitate al cliente, siano tassabili non evita che questi oneri possano essere considerati in diminuzione dal reddito professionale. Il professionista, se riesce a considerare interamente in deduzione le somme sostenute per la trasferta,non dovrebbe subire un aggravio della tassazione, ma in pratica non sarà così, perché le disposizioni fiscali in vigore (articolo 54 del Tuir) prevedono specifiche limitazioni: trattandosi di spese che in alcuni casi riguardano la sfera personale, cioè sono sostenute al di fuori dell’attività professionale, il legislatore presume la non inerenza e ne impedisce in questi casi la deducibilità.

Le spese relative alle prestazioni alberghiere e alle somministrazioni di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75 per cento. In altre parole, si presume che il 25 per cento degli oneri sia sostenuto per finalità personali. Inoltre, è previsto anche un ulteriore limite in quanto l’importo determinato in misura ridotta (il 75 per cento) è interamente deducibile entro il limite massimo del 2% dei compensi professionali incassati nell’anno. La quota eccedente sarà comunque indeducibile dal reddito.

Invece sono deducibili per intero le spese relative al viaggio, a condizione che siano regolarmente documentate. Si tratta, ad esempio, del biglietto ferroviario e del biglietto dell’aereo. In questi casi la deduzione è collegata alla necessità di dimostrare l’inerenza della spesa. Deve quindi sussistere un collegamento diretto tra l’onere sostenuto e la trasferta effettuata. In sede di verifica sarà agevole controllare l’avvenuto conferimento dell’incarico, l’effettuazione della trasferta e la coincidenza con le date del viaggio risultante dai biglietti.

In ogni caso, il rimborso delle spese di trasferta non risulterà completamente neutrale per il professionista. Gli oneri deducibili dal reddito di lavoro autonomo saranno sempre inferiori rispetto alle somme addebitate, sia pure a titolo di rimborso spese, e aventi natura di compensi. Ne conseguirà un aggravio della tassazione.

In prospettiva

Il legislatore ha compreso che le disposizioni attualmente in vigore sono estremamente penalizzanti. In alcuni casi, trattandosi di oneri strettamente collegati ad una trasferta di lavoro, ha inteso disciplinare la mancata applicazione dei limiti di deducibilità citati. In pratica, al verificarsi di determinati presupposti le spese alberghiere e le spese per ristoranti saranno deducibili per intero senza applicazione del limite del 75 per cento, né dell’ulteriore soglia rappresentata dal 2% dei compensi incassati nell’anno .

Questa previsione non è ancora in vigore, essendo contenuta nel disegno di legge noto come Jobs act delle professioni, da approvare in via definitiva. È probabile che la soluzione trovi applicazione già nel 2017, con una modifica dell’articolo 54 del Tuir che disciplina i criteri di tassazione dei redditi di lavoro autonomo.

Lo stesso disegno di legge, con una soluzione diversa, prevede che gli stessi oneri di trasferta, se sostenuti direttamente dal committente, non costituiranno compensi in natura e quindi non saranno oggetto di tassazione in capo al professionista.

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