Rapporti di lavoro

Alle intese nazionali le scelte su mobilità e «promozioni»

di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan

Nell’ambito della disciplina della contrattazione collettiva, la riforma Madia interviene in alcune parti con restyling quasi impercettibili, spostando periodi dall’inizio alla fine dell’articolo, mentre in altri si introducono misure che modificano in maniera significativa il rapporto fra legge e contratto collettivo nazionale di lavoro, con una sostanziale rivalutazione del ruolo di quest’ultimo.

Se le novità principali sono contenute nell’articolo 11 della riforma, non si deve sottovalutare la portata, in tema, anche degli articoli 1 e 3. Il primo chiarisce che disposizioni di legge, di regolamento o di statuto che dispongano sul rapporto di lavoro nella Pa possono essere derogate, solo limitatamente alle materie demandate alla contrattazione collettiva, da parte di un contratto nazionale. In altre parole, la deroga non può essere introdotta in sede di contratto decentrato. Abolita anche la previsione che riconosceva solo alla legge il potere di prevedere l’applicazione di queste deroghe. In altre parole, se si tratta di materie di competenza della contrattazione collettiva, la deroga contenuta nel contratto nazionale sovrasta quella normativa anche se la legge non lo prevede. L’articolo 3, invece, interviene sull’articolo 30 del Testo unico e, in materia di passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, dispone che il contratto nazionale possa integrare le procedure e i criteri, ma non introdurre disposizioni in contrasto, pena la loro nullità.

Ma la parte del leone è contenuta nell’articolo 11 della riforma, che interviene sull’articolo 40 del Testo unico. Un primo grande elemento di novità è rappresentato dal riappropriarsi, in via esclusiva, da parte della contrattazione collettiva, della materia relativa alle progressioni economiche. Come si ricorderà, sull’argomento era intervenuta prima la riforma Brunetta (articolo 23 del Dlgs 150/2009) con norme di massima e poi il Dl 78/2010, che aveva sancito, per il 2011/2013, il solo valore giuridico delle progressioni. Oggi disposizioni simili possono soccombere davanti a diverse regolamentazioni contenute nel contratto nazionale.

Altro passaggio rilevante della riforma riguarda le somme destinate alla performance. La disposizione impone, questa volta al contratto decentrato, di destinare a questo scopo «una quota prevalente delle risorse finalizzate ai trattamenti economici accessori comunque denominati». Il legislatore sembrerebbe affidare ai premi legati alle prestazioni un importo superiore al 50% del fondo per le risorse decentrate. La previsione, già presente in un testo molto simile nel nostro panorama legislativo, era stata interpretata anche nel senso di attribuire alla performance un euro in più rispetto a qualsiasi altro istituto contrattuale. Nel dubbio, ad oggi, la norma è rimasta lettera morta. Il successivo periodo, di nuova formulazione, fa sorgere parecchie perplessità circa la concreta possibilità di applicare la norma, in quanto stabilisce che la quota legata alle performance sia finanziata con le «risorse variabili» del fondo. È nota, infatti, la difficoltà e la pericolosità di un incremento di queste risorse nella disciplina vigente. Non a caso il comma 4-ter del nuovo articolo 40, introdotto dalla riforma, prefigura una rivisitazione, in termini di razionalizzazione e semplificazione, delle norme sulla costituzione e l’utilizzo del fondo destinato alla contrattazione decentrata.

In questo spirito, si fa per dire, è introdotta la disposizione che obbliga i contratti nazionali a prevedere il divieto di incremento dei trattamenti accessori (quindi non solo del fondo) se i tassi di assenza dei dipendenti evidenziano distorsioni significative nel periodo di maggiore attività o vicino a festività o riposi settimanali. Sono evidenti le difficoltà di gestione di questa previsione: le assenze degli uffici amministrativi andranno a incidere sulle somme destinate ai servizi tecnici? Le assenze dei dirigenti influenzeranno il fondo del personale non dirigente?

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