Rapporti di lavoro

Professioni, studi con «vista Ue»

di Maria Carla De Cesari

I professionisti italiani sempre più scelgono di esercitare la professione in altri Paesi Ue. Tra il 2013 e il 2015 il numero di quanti hanno scelto di svolgere l’attività in uno dei Paesi europei è aumentato quasi del 35 per cento. È vero che i numeri assoluti continuano a essere contenuti in poco più di 5.300 unità (procedure con esito positivo) e che oltre il 21% di quanti scelgono un Paese Ue svolge la professione di medico, una qualifica “facilitata” nella libera circolazione dalla formazione omogenea. Con una vocazione a uscire fuori dalla mura nazionali di meidic e architetti, mentre gli avvocati italiani stabiliti in altri Stati Ue superano di poco le dita delle mani (sono 12).

I numeri, pur contenuti, testimoniano però un processo di europeizzazione delle professioni italiane. Una cartina di tornasole è rappresentata anche dalle azioni intraprese nell’ambito delle istituzioni professionali: per esempio, l’Ordine dei commercialisti di Milano sta aprendo uno sportello per i tirocini all’estero e Confprofessioni, confederazione di associazioni professionali, promuove l’Erasmus per i professionisti in collaborazione con dieci centri di contatto (atenei, consorzi e Cdc).

«Abbiamo seguito passo dopo passo l’evoluzione normativa comunitaria. La direttiva del 2005 sul riconoscimento delle qualifiche - spiega Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni - è risultata non idonea al raggiungimento degli obiettivi di libera circolazione a causa dei differenti modelli di regolamentazione delle professioni nei diversi Paesi e delle barriere che alcuni Stati hanno eretto a protezione di talune attività professionali. Solo con la direttiva 2013/55/Ue, recepita in Italia nel 2016, il Parlamento europeo è riuscito a imprimere un’accelerazione sul riconoscimento delle qualifiche professionali, utilizzando la piattaforma del sistema Imi e soprattutto l’introduzione della tessera professionale europea».

Il sistema Imi è lo strumento obbligatorio per lo scambio di informazioni tra autorità competenti relative al mercato interno, sviluppato dalla Commissione europea in collaborazione con gli Stati in relazione alla cooperazione amministrativa e all’assistenza reciproca: insomma, è una piattaforma su cui viaggiano le informazioni relative, tra l’altro, a libera circolazione dei professionisti e qualifiche. Sempre nel segno della semplificazione, dal 2016 per cinque professioni regolamentate (nel “linguaggio Ue” si tratta delle attività il cui esercizio è sottoposto a regole ad hoc) è stata prevista (si veda la tabella) la tessera professionale europea (Epc), che “registra” formazione e competenze. Si tratta di una procedura elettronica, utile anche per il riconoscimento delle qualifiche professionali, in cui è possibile seguireio l’iter online.

Secondi i dati elaborati dal Desk europeo di Confprofessini «i Paesi più gettonati - spiega Stella -sono Regno Unito e Svizzera, in quanto il mercato dei servizi professionali è più vivace rispetto all’Italia». Proprio il destino di lavoratori e professionisti Ue stabiliti in Gran Bretagna sarà uno dei capitoli della trattativa per Brexit.

I numeri

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