Rapporti di lavoro

Docenti e ricercatori, la clausola di rientro non ostacola il bonus fiscale

di Matteo Ferraris

Continuano le note dell'amministrazione finanziaria sollecitate dai casi concreti che coinvolgono le attività di sostegno al rimpatrio in Italia. Dopo la circolare n. 17/E/2017 che ha ben sintetizzato le agevolazioni attualmente disponibili in una recente nota l'accesso al beneficio fiscale viene esteso anche al “cervello” già fuggito all'estero. È quanto emerge dalla risoluzione n. 92/E/2017 con cui l'interpellante, italiano residente nel Regno Unito, chiede di verificare il proprio diritto di accesso alla fruizione dei benefici previsti dallo speciale regime sancito dall'articolo 44 del dl n. 78/2010.

La particolarità del caso è lo status di docente universitario iscritto all'Aire (con decorrenza marzo 2014), inserito nei ranghi degli accademici italiani benchè collocato in aspettativa fino al 30 settembre 2017.
Appare evidente come le varie finalità degli interventi normativi succedutisi nel tempo e finalizzati a rendere attrattivo lo spostamento di residenza fiscale in Italia si sia caratterizzato da un obiettivo primario per lo Stato, coincidente con il rientro in Patria proprio di soggetti su cui lo Stato aveva investito in termini di sostegno all'istruzione. Questo obiettivo, sancito con la legge n. 238/2010 (cosiddetta “controesodo”), rende ancora più facilmente intellegibili le cause che hanno spinto ad attirare docenti e ricercatori universitari che oltre ad avere ricevuto un sostegno all'istruzione ordinaria, avevano altresì attratto le risorse destinate a una formazione superiore e di eccellenza.

Logico, quindi, che negli anni siano stati concentrati sforzi per agevolare il trasferimento della residenza in Italia da parte di ricercatori «non occasionalmente residenti all'estero» che abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all'estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi.
La misura di incentivo oggetto del quesito esclude dalla formazione del reddito di lavoro dipendente (ma anche autonomo) il 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori.
Dato il contesto normativo e il particolare status soggettivo, l'elemento che il docente interpellante intende verificare è il possesso dei requisiti soggettivi previsti dalla norma in ragione dello status giuridico caratterizzante il rapporto di lavoro del docente collocato in aspettativa.
L'agenzia delle Entrate, a tal proposito, analizza il caso attraverso il filtro della norma (cfr. articolo 7, comma 1, legge n. 240/2010) che abilita la particolare condizione; questa consente per un periodo massimo di cinque anni, anche consecutivi, il regime dell'aspettativa senza assegni per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale. L'Agenzia annota che l'istituto dell'aspettativa è causa di sospensione del rapporto di lavoro dipendente e che nel periodo di sospensione si interrompe il nesso di corrispettività delle prestazioni, cioè il sinallagma del contratto di lavoro, anche se il dipendente conserva il diritto al posto di lavoro.
Pur mantenendo, dunque, un collegamento importante con il Paese da cui ha trasferito la residenza fiscale – collegamento individuabile nel diritto alla conservazione del “posto di lavoro” - l'agenzia delle Entrate ha ritenuto che l'aspettativa non retribuita non sia elemento ostativo all'accesso al beneficio.
Sappiamo bene che non è opportuno acquisire indicazioni di ordine generale da situazioni così specifiche. Ciò nonostante credo sia opportuno evidenziare che, secondo prassi, la risoluzione non è intervenuta nel merito dell'accertamento della verifica dei requisiti afferenti lo status di residente fiscalmente all'estero.
Va, però, sottolineato che dall'analisi della risposta e dei vincoli posti dalla norma è possibile affermare che si è in presenza di permanenza “non occasionale all'estero” anche nel caso in cui l'ingaggio all'estero avvenga per un tempo limitato (circa 42 mesi) e il contratto preveda clausole di rientro sancite contrattualmente. Tali elementi, infatti, sono stati necessariamente analizzati dall'Agenzia e, probabilmente, spostando l'attenzione su tali elementi si potrebbe conferire un pregio ulteriore e un'utilità più ampia alla risoluzione in commento.

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