Rapporti di lavoro

Aggregazioni tra legali, limite per i non «organizzati»

di Guglielmo Saporito

La legge sulla concorrenza innova le società tra avvocati, quelle di ingegneria, di odontoiatri e tra farmacisti. Ciascuna di queste attività presenta innovazioni, ma in generale si riaprono prospettive sull’organizzazione dei professionisti, ai quali lo Stato tende ad affidare importanti funzioni.

Le innovazioni della legge del 2017 si collegano ad altre norme dedicate negli ultimi anni ai professionisti: in particolare, l’ammissione delle professioni ai finanziamenti europei (raccomandazione 361 del 6 maggio 2013), il riconoscimento delle professioni non dotate di un Ordine o Collegio, con la legge 4 del 2013. L’intero sistema subisce poi le innovazioni indotte dal sistema delle reti di impresa (leggi 5/2009 e 78/2010), con relativi spazi professionali e collegamenti tra soggetti un tempo considerati genericamente liberi professionisti.

Separando le responsabilità per gli atti specifici che possono essere compiuti da alcuni professionisti (la difesa in giudizio per gli avvocati, gli atti medici, i calcoli ingegneristici), che restano distinte dalle attività operative collaterali e dai problemi di organizzazione (logistica, collaborazioni operative, spese tecniche), si osserva che le società tra professionisti presentano problemi in due settori:

la tipologia delle categorie che possono partecipare alla società;

le modalità di gestione e le forme decisionali.

In base alla legge sulla concorrenza, alle società tra avvocati possono partecipare sia professionisti “collegiati” (cioè iscritti in un albo o collegio gestito dallo Stato) sia soci non iscritti in albi (appartenenti ad associazioni, o senza né albi né associazioni), sia infine soci di capitale. Questi ultimi non devono superare un terzo del capitale sociale e dei diritti di voto. In conseguenza di ciò, in base al Dm 23 del 4 febbraio 2016, veterinari, psicologi, geometri iscritti ai relativi albi possono essere soci di una compagine forense, ma altri soggetti non “collegiati” non possono superare la quota di un terzo.

Ciò significa che la società nel settore legale deve mantenere una matrice professionale, più che di servizi. Si assiste quindi a un allineamento tra le società tra professionisti legali e le altre società tra professionisti, che già da tempo con la legge 183 del 2011 prevedevano organismi organizzati in forma di Spa.

La scelta del legislatore del 2017, di ampliare la compagine sociale, deriva anche dal diffondersi di società di servizi collegati agli studi professionali, società che ora possono tornare a formare un corpo unico con i professionisti che le utilizzano.

Inoltre, con lo Statuto del lavoro autonomo (legge 81/2017) avanzano le competenze per il mercato delle professioni perché si individuano atti delle amministrazioni pubbliche che possono essere rimessi anche alle professioni organizzate in Ordini.

Quindi da un lato si amplia la platea dei soci, passando da forme che in principio erano di matrice personale (associazioni, società semplici, come in agricoltura) alla massima spersonalizzazione amministrativa, attraverso la forma della società per azioni.

Da un altro lato, si assiste a limiti ai poteri del socio di capitale (nel deliberare nelle società di avvocati o nell’acquisire farmacie oltre il 20% della Regione).

Non è un caso che, all’indomani della votazione finale della legge sulla concorrenza, si voti sui compensi minimi per i professionisti legali, per evitare che organizzazioni troppo autorevoli possano imporre prestazioni massive e quasi gratuite.

Quando le società di capitali entreranno nell’organizzazione degli studi legali, sarà difficile che il legislatore possa imporre minimi di tariffa all’interno degli studi legali.

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