Rapporti di lavoro

Premi con limiti alla detassazione

di Luciano Pavesio e Franco Vernassa

Il plafond annuo di 258,23 euro può rendere penalizzante la coesistenza dei premi di produttività trasformati in voucher con altri premi in natura che le imprese di solito erogano per i più disparati motivi. Questo è l’effetto paradossale che sembra emergere da una lettura restrittiva dell’articolo 51, comma del Tuir unitamente all’imposta sostitutiva sul premio di produttività (articolo 1, comma 184, della legge 208/2015).

Nelle imprese è diffusa la prassi di premiare in natura (telefono cellulare, orologio eccetera) i dipendenti che forniscono suggerimenti volti ad aumentare l’efficienza dei processi produttivi e/o l’efficacia dell’attività imprenditoriale.

La coesistenza di questo tipo di premi e la possibilità di trasformare i premi di produttività assoggettabili all’imposta sostitutiva del 10% in voucher rappresentativi di beni (ad esempio buoni spesa o carburante) totalmente detassati può portare a effetti paradossali .

Le norme
L’articolo 51, comma 3 del Tuir prevede che «non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati» dal datore di lavoro al dipendente nell’anno «se complessivamente di importo non superiore a euro 258,23; se il predetto valore è superiore al citato limite lo stesso concorre a formare interamente il reddito» di lavoro dipendente.

Semplificando si può dunque dire che il datore di lavoro può regalare a un proprio dipendente beni e/o servizi che abbiano un valore complessivo non superiore a 258,23 euro all’anno senza che questo comporti l’applicazione dell’Irpef e delle connesse addizionali locali.

Con la circolare 326/E del 23 dicembre 1997, l’amministrazione finanziaria ha chiarito che «la verifica che il valore sia non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a lire 500,000 – ora 258,23 euro - va effettuata con riferimento agli importi tassabili in capo al percettore del reddito e, quindi, al netto di quanto il dipendente ha corrisposto (con il metodo del versamento o della trattenuta e comprensivo dell’eventuale Iva a carico del dipendente) per tutti i beni o servizi di cui ha fruito nello stesso periodo d’imposta, tenendo conto di tutti i redditi percepiti, anche se derivanti da altri rapporti di lavoro eventualmente intrattenuti nel corso dello stesso periodo d’imposta».

Le due interpretazioni
Il passaggio secondo il quale la verifica «va effettuata con riferimento agli importi tassabili in capo al percettore del reddito» può portare a due interpretazioni, fermo restando – ovviamente – che non devono essere a questo fine conteggiati i beni e i servizi pagati dal dipendente:
• una, più restrittiva, secondo cui la tassazione degli importi (cioè del valore dei beni e dei servizi) in capo al dipendente non evita comunque il “consumo” dell’importo di 258,23 euro, e ciò in quanto solo gli importi espressamente dichiarati da disposizioni legislative non tassabili (ad esempio le azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo annuo non superiore a 2.065,83 euro - articolo 51, comma 2, lettera g del Tuir) non erodono tale importo (supponendo che le locuzioni «non concorrente alla formazione del reddito» e «non tassabile» abbiano la stessa valenza);
• l’altra, più ragionevole, secondo la quale solo gli importi tassabili ma in concreto non tassati in capo al dipendente “consumano” il plafond di 258,23 euro e quindi solo tali importi, che comportano il superamento della suddetta soglia, causano la tassazione di tutto il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati al dipendente, compreso il loro valore fino a 258,23 euro; viceversa, la cessione gratuita di un bene o la prestazione gratuita di un servizio (per qualsiasi importo) se assoggettata a Irpef dal datore di lavoro in capo al dipendente non intaccherebbe il plafond di 258,23 euro annui.

Il chiarimento auspicabile
È auspicabile che l’agenzia delle Entrate si pronunci sulla questione, privilegiando – per motivi di ragionevolezza ed equità – un’interpretazione meno penalizzante per il dipendente e non limitante per il datore di lavoro. L’Agenzia dovrebbe quindi chiarire (in alternativa):
• che i beni e i servizi ceduti gratuitamente al dipendente se tassati non consumano il plafond di 258,23 euro;
• oppure che, nei casi simili a quello riportato a fianco, i premi di produttività in voucher inizialmente non assoggettati a tassazione devono comunque essere assoggettati all’imposta sostitutiva del 10% e non a tassazione Irpef ordinaria e alle addizionali regionali e comunali all’Irpef.

L'esempio

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