Rapporti di lavoro

Infortuni in smart working da provare

di Aldo Bottini

La circolare Inail 48/2017 sul lavoro agile era molto attesa, non senza qualche preoccupazione da parte di chi paventava un aggravio del premio assicurativo per gli smart workers. Preoccupazioni rivelatesi infondate: l’Inail non intende fare alcuna differenza, sotto il profilo della classificazione tariffaria, tra chi lavora esclusivamente in azienda e il lavoratore agile.

L’estensione della tutela antinfortunistica a chi lavora al di fuori dei locali aziendali costituisce, del resto, la vera importante novità apportata dalla legge 81/2017, che rimuove una delle principali remore alla applicazione su vasta scala del lavoro agile. La piena equiparazione lascia comunque (inevitabilmente) aperti alcuni interrogativi, che traspaiono anche dalla circolare, ai quali la prassi applicativa e la giurisprudenza saranno chiamati a rispondere.

L’articolo 23 della legge 81/2017 prevede che «il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali». Per il lavoratore agile, tuttavia, che per definizione legislativa non ha precisi vincoli di luogo e di orario di lavoro, può non essere sempre di immediata evidenza la connessione dell’infortunio con l’attività lavorativa. L’infortunio, infatti, può verificarsi in un luogo qualsiasi scelto dal dipendente, e in un orario che non necessariamente coincide con quello normalmente osservato in azienda, per esempio in casa, in un albergo o un bar, magari in orario serale, mentre lavora al computer o al cellulare. Se quelli sono il luogo e il tempo scelti per lavorare, il dipendente avrà diritto alla copertura assicurativa.

Ma l’Inail, con ogni probabilità, vorrà verificare se quello che il lavoratore stava facendo al momento dell’infortunio avesse un diretto collegamento con l’attività lavorativa, quantomeno in termini di attività prodromiche o accessorie (ma strumentali) all’attività lavorativa medesima. Ad esempio, era al bar perché aveva effettivamente scelto di lavorare da lì o per altre ragioni? Per non dire della necessità di verificare che il luogo scelto non abbia caratteristiche di pericolosità tali da configurare il rischio elettivo, che in base ai principi generali esclude l’indennizzabilità dell’infortunio. Si prospettano quindi accertamenti accurati (e non sempre facili) da parte dell’Inail.

Consapevole di ciò, l’Istituto nella circolare sembra quasi chiedere aiuto alle parti (e soprattutto alle aziende), identificando l’accordo individuale di lavoro agile come «lo strumento utile per l’individuazione dei rischi lavorativi ai quali il lavoratore è esposto e dei riferimenti spazio–temporali ai fini del rapido riconoscimento delle prestazioni infortunistiche». In mancanza di elementi utili contenuti nell’accordo, prosegue la circolare, saranno necessari specifici accertamenti sulla connessione dell’infortunio con l’attività lavorativa.

Potrebbe sembrare quasi un invito a circoscrivere la libertà di scelta del luogo e del tempo di lavoro. Limitazioni del genere, tuttavia, oltre a non essere del tutto coerenti con la definizione legislativa del lavoro agile, sarebbero soprattutto utili a escludere l’indennizzabilità degli infortuni occorsi fuori dall’eventuale perimetro spazio-temporale definito nell’accordo. Senza peraltro alcuna garanzia che per l’infortunio occorso all’interno del perimetro venga automaticamente riconosciuta la connessione con l’attività lavorativa.

Il che fa sorgere qualche dubbio, anche sotto questo profilo, sull’opportunità per le aziende ma anche per i lavoratori di limitare luoghi e orari di lavoro. Quel che è certo, è che c’è una ragione in più per non sottovalutare la formulazione dell’accordo individuale di lavoro agile e della connessa informativa sui rischi.

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