Rapporti di lavoro

Tutte le novità dal bonus per i giovani ai casi di crisi

di Francesca Barbieri e Valentina Melis

Favorire l’assunzione di giovani fino a 35 anni che non hanno mai avuto il posto fisso. Investire nella formazione dei lavoratori sulle nuove tecnologie, con un incentivo fiscale fino a 300mila euro all’anno per le aziende che scommettono sul piano «Impresa 4.0». Riaprire le porte della cassa integrazione straordinaria per le aziende in crisi, correggendo la rotta rispetto alla stretta stabilita con la riforma degli ammortizzatori sociali nel 2015.

Sono questi i tre assi portanti degli interventi sul lavoro previsti per il 2018 con la legge di Bilancio (n. 205/2017) che riguardano altrettanti momenti della vita lavorativa: l’assunzione, i percorsi di carriera e le difficoltà aziendali.

Accanto a queste misure debuttano molte altre novità già in programma in base a disposizioni del passato: l’aumento dal 32 al 33% dei contributi per i collaboratori (due terzi a carico del committente e un terzo a carico del lavoratore), con un allineamento ai valori previsti per i dipendenti; l’obbligo di assumere un lavoratore disabile nelle imprese da 15 a 35 dipendenti (riguarda circa 286mila aziende); i cinque giorni di congedo retribuito per i lavoratori che diventano padri nel 2018.

Il ventaglio delle novità potrebbe coinvolgere oltre 1,4 milioni di lavoratori (solo i collaboratori interessati dall’aumento dei contributi sono più di 500mila).

La sfida maggiore, però, è legata all’esito del nuovo incentivo triennale per le assunzioni con contratto a tutele crescenti, introdotto stabilmente dal 2018, al quale il Governo ha affidato il compito di sostenere la ripresa dell’occupazione. Si tratta di uno sconto del 50% dei contributi del datore di lavoro con un tetto massimo di 3mila euro l’anno.

Gli ultimi dati Istat, riferiti al mese di novembre 2017, registrano segnali di ripresa anche per i giovani, con oltre 100mila occupati in più su base annua nella fascia 15-34 anni, ma il tasso di disoccupazione resta a livelli negativi record in Europa, soprattutto tra gli under 25 (32,7% contro una media Ue del 17%).

Il nuovo incentivo punta a creare più di 400mila posti di lavoro a tempo indeterminato nel 2018: certamente, però, la catena di requisiti e di condizioni prevista potrebbe limitarne l’impatto.

Una prima condizione richiesta ai beneficiari per quest’anno è che non abbiano mai avuto, fino a 35 anni di età, un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Possono essere assunti, cioè, soltanto giovani che abbiano avuto contratti di collaborazione o a termine o di altro tipo, esclusi ovviamente i beneficiari dei bonus 2015 e 2016 (che non possono più essere fruiti), nel caso perdessero il lavoro.

«L’individuazione dell’assenza di pregressi rapporti di lavoro a tempo indeterminato - commenta Rosario De Luca, presidente della Fondazione studi dei consulenti del lavoro - è forse uno degli elementi più critici della previsione normativa. È necessario mettere a disposizione dei datori di lavoro e degli operatori strumenti opportuni che garantiscano una applicazione certa dello sgravio».

Una serie di verifiche vanno fatte sugli apprendisti, che seguono regole diverse a seconda del binario sul quale si trovano: possono essere stabilizzati ma con un incentivo annuale i giovani fino a 30 anni. A meno che non si tratti di studenti che hanno svolto presso l’azienda periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale o periodo di apprendistato in alta formazione: in questo caso l’incentivo è raddoppiato (passa dal 50% al 100%) e dura 3 anni.

Per la stabilizzazione del modello duale di apprendistato sono stati stanziati 75 milioni l’anno in via permanente, che nel 2018 sono aumentati di ulteriori 50 milioni.

Tra le altre novità del 2018, c’è il debutto delle nuove regole sulla privacy il 25 maggio, con la nuova figura del data protection officer, che potrebbe offire nuove opportunità professionali.

Infine, fino a giugno si può richiedere l’anticipazione del Tfr in busta paga, che però, dato lo svantaggio fiscale è stato richiesto finora da meno dell’1% dei dipendenti.

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