L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Amministratore e lavoro dipendente

di Imbriaci Silvano

La domanda

Un mio nuovo cliente ha una SRL in cui, ciascuno dei 3 soci, ha la quota di 1/3 e sono titti e 3 amministratori in forma disgiunta. Un socio che non è nè amministratore delegato, nè presidente del CDA, nè percepisce alcun compenso come amministratore (nonostante ricopra l'incarico), è stato assunto qualche anno fa come lavoratore dipendente subordinato con mansione di impiegato; il rapporto di lavoro dipendente è tutt'ora in vigore. Coesistendo questi due rapporti di cioè di amministratore e lavoratore dipendente subordinato cosa occorre fare a livello di verbali assembleari e modifica lettera di assunzione per evitare che INPS disconosca il rapporto di lavoro dipendente e non consideri i contributi versati, utili ai fini pensionistici.

In via generale occorre premettere che, sotto il profilo contributivo, l’INPS ha sempre la possibilità, al di là del contenuto formale degli atti societari o dei contratti, di verificare in concreto la natura del rapporto di lavoro e quindi la sussistenza degli estremi della subordinazione, in quanto l’obbligazione contributiva sorge su presupposti normativi che prescindono dall’effettiva volontà delle parti. Tuttavia, può essere utile chiarire anche a livello societario la posizione dell’amministratore che risulti dipendente della stessa società, in modo da facilitare le verifiche in caso di eventuale accertamento. La prova del vincolo di subordinazione, nel caso dell’amministratore/dipendente è molto rigorosa: occorre dimostrare in concreto che siano state svolte mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita, che l’attività svolta non rientri nel mandato di amministratore e che comunque vi sia assoggettamento a effettivo potere di supremazia gerarchica disciplinare. Sotto il profilo lavorativo e previdenziale, prescindendo dalle conseguenze di natura fiscale e contrattuale, è opportuno innanzitutto che l’inquadramento dell’amministratore dipendente sia effettuato a livello dirigenziale, in quanto le funzioni svolte, per la natura particolare del soggetto, non possono non avere tale peculiare collocazione. Inoltre, i poteri attribuiti all’amministratore/dipendente devono consentire la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato: in altri termini, la previsione di poteri illimitati di fatto rende incompatibile la funzione con quella di qualsiasi rapporto diverso all’interno della società, come pure è necessario che l’amministratore/dipendente debba effettivamente rispondere del suo operato nei confronti del CDA. Vi sono una serie di poteri tipici dell’amministratore che dovranno essere attribuiti con molti limiti e cautele, proprio per evitare la palese situazione di incompatibilità con il rapporto di lavoro subordinato (si pensi al potere di transazione, alla determinazione dei prezzi o delle linee strategiche aziendali, la rappresentanza disgiunta, i rapporti con le banche). Allo stesso modo dovranno essere tenuti ben distinti i poteri amministrativi rispetto alle mansioni svolte come dipendente, che dovranno essere dettagliatamente indicate e chiaramente circoscritte, magari con l’individuazione di un soggetto responsabile a cui l’amministratore dovrà render conto del suo operato in qualità di lavoratore dipendente. Il consiglio è quello di distinguere il più possibile le mansioni svolte in qualità di dipendente (di carattere operativo, anche se di livello elevato, e con una natura peculiare rispetto a quelli conferiti alla generalità dei dipendenti) dalle attività legate al ruolo di amministratore, strategiche e di lungo periodo, per le quali dovrebbe essere previsto in ogni caso un continuo riscontro con il CDA.

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