Rapporti di lavoro

Telecamere in azienda: visione «in diretta» solo in casi eccezionali

di Alessandro Rota Porta

Installazione di impianti audiovisivi facilitata, anche se le aziende devono fare i conti con la vecchia modulistica. La circolare 5/2018 dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) segna un’apertura rispetto al passato, con un’istruttoria a maglie più larghe per le autorizzazioni all’uso di telecamere, ma non cambia la documentazione che i datori devono presentare per ottenere il via libera (che resta quella disposta con il comunicato del ministero del 10 marzo 2017). Il rischio è quello di dover fornire informazioni non più necessarie alla luce della circolare 5/2018.

L’autorizzazione

L’installazione di questi strumenti e – in genere – di strumenti dai quali deriva anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori - può avvenire solo per esigenze organizzative e produttive o per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale.

L’installazione non può avere luogo se non è preceduta da un accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. Se in azienda non sono presenti rappresentanze sindacali o in mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di sorveglianza possono essere installati solo dopo aver richiesto l’autorizzazione all’Ispettorato territoriale del Lavoro o, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Itl, alla sede centrale dell’Ispettorato.

L’Inl – con la lettera 4619 del 24 maggio 2017 – aveva precisato che se è stata rilasciata l’autorizzazione, questa può essere sempre sostituita da un eventuale successivo accordo sindacale.

La circolare 5/2018 dell’Ispettorato sottolinea che la valutazione istruttoria delle istanze va concentrata sull’effettiva sussistenza delle ragioni che legittimano l’adozione del provvedimento, tenendo presente, in particolare, la finalità per la quale è richiesta la singola autorizzazione.

Così, possono essere autorizzati utilizzi di impianti audiovisivi che inquadrano direttamente l’operatore, senza introdurre condizioni quali, per esempio, l’angolo di ripresa della telecamera oppure l’oscuramento del volto del lavoratore, purché ci siano le ragioni giustificatrici del controllo. Allo stesso modo, non è considerato dirimente specificare il posizionamento predeterminato e l’esatto numero delle telecamere da installare, poiché si tratta di elementi che possono subire modifiche nel tempo.

I limiti all’uso degli impianti

L’Ispettorato ammette la visione delle immagini in tempo reale da postazione remota, in casi eccezionali e debitamente motivati.

Per la tutela del patrimonio aziendale, l’Inl precisa che la richiesta di installazione riguardante dispositivi che operano in presenza del personale aziendale va valutata con attenzione, per non dare luogo a controlli troppo “invasivi” nei confronti dei lavoratori.

Viola la legge, invece, l’uso di apparecchiature di videosorveglianza che – seppure installate – non siano ancora state messe in funzione. Così come non può mettere al riparo dalla violazione dell’articolo 4, della legge 300/1970, la circostanza che il datore di lavoro abbia preventivamente informato i lavoratori (nota del Lavoro 11241/2016). Allo stesso modo, sulla scorta delle giurisprudenza, non influisce il fatto che il controllo sia discontinuo perché esercitato in locali dove i lavoratori possono trovarsi solo saltuariamente.

È vietata l’installazione di telecamere “finte” montate a scopo dissuasivo. Questa condotta costituisce già di per sé un illecito, indipendentemente dall’effettivo utilizzo dell’impianto: sulla stessa linea interpretativa è sempre intervenuto il Garante della Privacy.

La violazione di questi divieti è sanzionata con l’ammenda da 154 a 1.549 euro o con l’arresto da 15 giorni a un anno, salvo che il fatto non costituisca reato più grave: infatti, resta ferma la possibilità del giudice di quintuplicare l’ammenda, se ritenuta inefficace negli importi ordinari, in base alle condizioni economiche del datore di lavoro.

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