L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Morte del lavoratore indennità mancato preavviso

di Paolo Rossi

La domanda

In caso di morte del lavoratore spetta in base all'art. 2118 co. 3 c.c. l'indennità di mancato preavviso, ma se il contratto stipulato con il dipendente era a tempo determinato nulla è dovuto?

La giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito (tra le ultime Cassazione civile, sez. lav., 25/02/2013, n. 4648) che l’istituto del preavviso, quale meccanismo funzionale a far conoscere in anticipo la cessazione del rapporto, è incompatibile con un rapporto a tempo determinato. L’incompatibilità è tale che in caso di dimissioni intervenute nel corso di un rapporto a termine sorrette da giusta causa (id est in caso di licenziamento ingiustificato) non è dovuta alcuna indennità sostitutiva del preavviso essendo questa legislativamente prevista solo per il rapporto a tempo indeterminato (cfr. Cass. 8 maggio 2007, n. 10430; si veda anche Cass. 23 dicembre 1992, n. 13597). Il Tribunale di Roma, sez. II, 20/04/2017, n. 7933, per esempio, ha precisato che l’istituto del preavviso è previsto dall’art. 2118 c.c. con espresso riferimento al rapporto a tempo indeterminato, ed ha la funzione specifica di tutelare l’interesse della parte non recedente a fruire del tempo necessario a provvedere diversamente alle esigenze cui attendeva il rapporto risolto. Al rapporto a tempo determinato, quale rapporto che può essere risolto “ante tempus” solo per giusta causa (art. 2119 c.c.), l’istituto del preavviso è estraneo, per legge e per “ratio”, posto che la clausola del termine di scadenza esclude che le parti possano nutrire affidamento sull’efficacia del contratto oltre la scadenza prevista medesima. Il comma 3 dell’articolo 2118 c.c., tuttavia, si discosta dalla logica giuridica dei primi due commi in quanto fissa l’obbligo per il datore di lavoro di erogare l’indennità sostitutiva del preavviso “nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro”. Qui la causa di scioglimento del contratto non è la volontà unilaterale della Parte (licenziamento o dimissioni), ma piuttosto la morte del prestatore di lavoro (mortis causa). Quindi non si può escludere che il Legislatore abbia voluto attribuire al comma 3 in esame una funzione del tutto diversa, e raggiungere un obiettivo che non coincide con quello di tutelare l’interesse della parte che subisce il recesso. La volontà del Legislatore sembrerebbe orientata, al contrario, ad attribuire all’indennità sostitutiva del preavviso una funzione sussidiaria al rapporto intesa a riconoscere un aiuto economico agli eredi del lavoratore che si trovano, per effetto della perdita del familiare, senza una fonte di reddito garantita. Una tale visione non è né estranea al diritto del lavoro né sconosciuta in dottrina. In uno studio del Consiglio Nazionale del Notariato (n. 416-2012/c) si parla di “ipotesi nelle quali la scelta del legislatore è dettata da esigenze di pubblica rilevanza, desumibili da norme poste a salvaguardia di interessi sovraordinati, come ne caso dei rapporti contrattuali ex artt. 2118 e 2122 aventi per oggetto prestazioni a carattere lavorativo.” In definitiva, a parere di chi scrive, l’indennità sostitutiva del preavviso erogabile per mortis causa ex art. 2118, co. 3, c.c., è dovuta anche in caso di rapporto a tempo determinato.

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