Rapporti di lavoro

Ammessi i costi ricerca e sviluppo per le attività «commissionate»

di Salvatore Servidio

Nel rispondere ad una un'istanza di interpello in tema di bonus ricerca e sviluppo, con il Principio di diritto n. 15 dell'11 dicembre 2018, l'agenzia delle Entrate analizza un particolare aspetto dell'articolo 3 del Dl 23 dicembre 2013, n. 145, cosiddetto decreto “Destinazione Italia”, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, concernente costi sostenuti per attività di ricerca commissionata a società residente dal socio unico statunitense.
Il comma 1-bis dell'articolo 3 del Dl n. 145/2013 prevede, nello specifico, che il credito d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo spetta anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell'Unione europea, negli Stati aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo, ovvero in Stati compresi nell'elenco di cui al decreto del ministro delle finanze 4 settembre 1996.

Il quesito
Il quesito di specie riguarda l'esito del credito d'imposta nel caso di attività di ricerca e sviluppo commissionata a società residente in Italia da società estera statunitense, socio unico della società commissionaria e alla quale la società commissionaria riaddebita i costi della suddetta attività di ricerca.

La disciplina agevolativa
In base alla disciplina agevolativa del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo (cosiddetto “bonus ricerca e sviluppo) a tutte le imprese italiane e alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di imprese estere, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020, è riconosciuto un credito di imposta per investimenti in misura pari al 50% delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello di prima applicazione dell'agevolazione.
Per effetto dell'articolo 1, comma 15, lettera b), della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017), il credito ricerca e sviluppo è riconosciuto anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo su commissione di imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell'Unione europea, negli Stati aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi nell'elenco degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni secondo le convenzioni contro le doppie imposizioni sul reddito (cosiddetta “white list”).

I chiarimenti delle Entrate
In merito all'attività di ricerca e sviluppo eseguita da imprese residenti per committenti esteri, con il principio di diritto n. 15/2018 in esame, l'agenzia delle Entrate ha chiarito che il soggetto commissionario residente viene ad essere equiparato, ai fini dell'agevolazione, al soggetto residente che effettua investimenti in attività di ricerca e sviluppo e, conseguentemente, ai fini della determinazione del beneficio spettante, non assume rilievo il corrispettivo contrattuale pattuito con il committente estero, ma la somma delle singole voci di spesa, analiticamente documentate, appartenenti alle categorie di costi ammissibili all'agevolazione, che rileveranno nel periodo di imposta del loro effettivo sostenimento, nei sensi previsti dall'articolo 109 del Tuir (principio di competenza), e non già in quello di completamento della commessa o dello stato di avanzamento della stessa (v. Circolare 27 aprile 2017, n. 13/E).
E ciò deve ritenersi applicabile anche nell'ipotesi in cui il contratto sia stipulato con una parte correlata (ad esempio, tra la società capo gruppo estera e la società controllata italiana dedita alle attività di ricerca e sviluppo), nonché nel caso in cui le spese agevolabili siano sostenute da una stabile organizzazione in Italia in esecuzione degli accordi intercorrenti con la casa madre estera.
In virtù dei suddetti chiarimenti, dunque, è possibile affermare il principio di diritto secondo cui, il bonus ricerca e sviluppo spetta anche in relazione alle spese ammissibili all'agevolazione sostenute per l'attività di ricerca e sviluppo commissionata a società residente in Italia da società estera statunitense, che è socio unico della società commissionaria e alla quale la società commissionaria riaddebita i costi della suddetta attività di ricerca.
Tuttavia, occorre tenere presente che a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 14 luglio 2018 – per effetto dell'art. 8 del Dl 12 luglio 2018, n. 87 (cosiddetto decreto Dignità), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, il quale ha escluso dal credito d'imposta in questione alcuni costi di acquisto, anche in licenza d'uso, di beni immateriali connessi ad operazioni all'interno del gruppo societario - non si considerano ammissibili al beneficio i costi sostenuti per l'acquisto, anche in licenza d'uso, dei beni immateriali (competenze tecniche e privative industriali relative a un'invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale) derivanti da operazioni intercorse con imprese appartenenti al medesimo gruppo.
Nessuna limitazione per le altre voci di spesa infragruppo ammissibili al credito d'imposta ricerca e sviluppo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©