Rapporti di lavoro

Bonafede: consulenti con formazione ad hoc sulla crisi d’impresa

di Federica Micardi

L’estensione ai consulenti del lavoro delle funzioni di curatore, commissario giudiziale e liquidatore è stata oggetto di un’interrogazione parlamentare della senatrice di Forza Italia Donatella Conzatti a cui ha risposto ieri il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.

La senatrice, nel chiedere al ministro se intende cambiare l’esame di Stato dei consulenti del lavoro, sottolinea che le materie che servono per gestire la crisi d’impresa non fanno parte del loro esame di abilitazione. E ricorda al ministro che i tecnici del suo stesso ministero gli hanno segnalato che i compiti di curatore, di commissario giudiziale e di liquidatore, richiedono competenze contabili e di gestione che non rientrano nell’ambito delle competenze tipiche dei consulenti.

Bonafede risponde che la crisi d’impresa«coinvolge rapporti di lavoro su cui si basa l’intera struttura aziendale» e che «l’imprenditore è anche un datore di lavoro». E tra le scelte di gestione rientrano «quelle relative alle risorse umane». Il ministro ricorda, poi, che i consulenti possono già svolgere molte funzioni, tra cui commissario liquidatore, sindaco di società commerciali e possono patrocinare vertenze davanti alle commissioni tributarie. Accanto a ciò il ministro ricorda che comunque i consulenti dovranno frequentare con profitto 18 mesi di formazione ad hoc, «la disciplina - spiega - ha solo allargato lo spettro delle professionalità tra cui il magistrato può scegliere».

Il Consiglio nazionale dei consulenti in un comunicato aggiunge che «per accedere al tirocinio professionale per svolgere la professione è necessario possedere la laurea in giurisprudenza, economia o scienze politiche».

Il Consiglio nazionale dei commercialisti, con una nota ha evidenziato che i 18 mesi di formazione extra sono una stortura che «mina la tenuta stessa del sistema delle abilitazioni professionali basate sul superamento di appositi esami di Stato che dividono e delimitano le competenze riconosciute a ciascuna professione ordinistica. Giocare sull’equivoco tra materie dell’esame di Stato e materie comprese in programmi di formazione significa segare l’infrastruttura giuridica su cui si fondano gli ordinamenti professionali in Italia».

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