Rapporti di lavoro

Sanità: Oss «frenati» dalle gestioni regionali

Sono 184 le professioni regolamentate in Italia, secondo la banca dati della Commissione Ue. Un numero che è cresciuto di oltre il 30% a partire dalla metà degli anni 90, e che oggi è rappresentato in larga maggioranza (42%) dalle professioni nel settore della salute e dei servizi sociali. Il più alto livello di regolazione, sia dal punto di vista dell’accesso che della pratica, si ritrova infatti nel macro-ambito medico. All’interno del quale, però, persistono evidenti differenze, come sottolinea un recente studio del Parlamento europeo, preparato su richiesta della Commissione Occupazione, affari sociali e inclusione («Labour mobility and recognition in the regulated professions»).

Lo studio analizza l’impatto della direttiva Ue 2005/36 (così come modificata nel 2013) sulla mobilità lavorativa e il riconoscimento delle qualifiche, ed evidenzia alcune “distorsioni”. Se ad esempio per medici, infermieri e fisioterapisti i criteri di regolazione sono stringenti (attività, titoli, iscrizione agli Ordini, formazione continua), lo stesso non può dirsi per gli operatori socio-sanitari (Oss), le cui qualifiche sono gestite a livello regionale, penalizzando la mobilità nazionale e i riconoscimenti per chi proviene dall’estero.

L’Italia è una delle principali destinazioni dei lavoratori Ue, pur se c’è stato un evidente calo dal 2009. Anno a partire dal quale le decisioni sul riconoscimento sono invece raddoppiate (fino alle 4mila del 2017): con medici, infermieri e dentisti tra i maggiori gruppi (insieme agli avvocati). Ma i professionisti sanitari sono anche i primi a muoversi dall’Italia verso altri Paesi europei. Motivo in più - sottolinea lo studio - per migliorare le procedure di riconoscimento ed eliminare le barriere: linguistiche o di assistenza ai richiedenti.

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