Rapporti di lavoro

Lavoro domestico: da colf e badanti il 22% delle rimesse

di Valentina Melis

I risparmi inviati nei Paesi d’origine dai lavoratori stranieri in Italia valgono 6,2 miliardi (in crescita del 20% nel 2018, rispetto all’anno precedente). Di questo denaro, una fetta di 1,4 miliardi arriva da 632mila lavoratori domestici stranieri presenti nel nostro Paese (e il numero si riferisce solo a quelli assunti regolarmente).

Le rimesse hanno un’incidenza a volte consistente sul prodotto interno lordo dei Paesi d’origine: quelle globali, per la piccola Moldavia rappresentano il 21% del Pil. Per la Romania, il 18,8% delle rimesse totali arriva dall’Italia. Sono alcuni dati del dossier «L’impatto del lavoro domestico nei Paesi d’origine», che anticipiamo in questa pagina e che sarà presentato domani da Domina, Associazione nazionale di famiglie datori di lavoro domestico, e Fondazione Moressa.

Il rapporto parte dai numeri, ma si concentra anche su alcuni aspetti sociali e qualitativi del lavoro domestico, dalla sindrome da burnout - un esaurimento legato a orari di lavoro eccessivi o situazioni di convivenza complessa - alla sindrome Italia - una depressione che colpisce i lavoratori stranieri in Italia o al ritorno in Patria - per arrivare al fenomeno degli orfani bianchi, ovvero i bambini lasciati precocemente con altri parenti o in orfanotrofi dalle mamme che partono per lavorare all’estero: secondo l’Unicef, sarebbero 350mila in Romania e 100mila in Moldavia.

I dati globali e mirati

Per la Banca mondiale, il volume globale delle rimesse verso i Paesi d’origine degli emigrati supera 500 miliardi di euro. I 6,2 miliardi che partono dall’Italia rappresentano appena l’1,2% di questa cifra, ma per la prima volta in aumento, nel 2018, rispetto a un calo costante iniziato nel 2013. La stima della quota di 1,4 miliardi di rimesse legata a colf e badanti è stata fatta rapportando l’incidenza dei lavoratori domestici sul totale dei lavoratori stranieri presenti in Italia, per ciascuna nazionalità. Trattandosi di 632mila persone, si può stimare che ciascuno mandi circa 2.200 euro all’anno nel proprio Paese. Il volume maggiore delle rimesse inviate dai lavoratori domestici riguarda le Filippine, verso cui confluiscono 255 milioni, il 57% di tutte le rimesse inviate verso il Paese. In l’Ucraina dall’Italia arrivano 173 milioni (si veda il grafico a sinistra), dovuti per oltre la metà al lavoro domestico.

La stima tiene conto solo del denaro inviato con canali formali (banche, poste o money transfer) dai lavoratori in regola. Non si considerano, quindi, i trasferimenti tramite canali informali - come il trasporto di contante in pullman - nè i risparmi inviati dai lavoratori irregolari. Nel settore domestico la componente dei lavoratori senza contratto è intorno al 60%. Significa che a fronte di quasi 900mila lavoratori in regola, oltre un milione lavora nelle famiglie italiane in nero, o con un inquadramento scorretto. «Va favorita la collaborazione tra istituzioni e associazioni dei datori per favorire l’emersione dal nero», commenta Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina. «L’esperienza - continua - insegna che dove i rapporti sono regolari, l’incidenza dei casi di burnout per i lavoratori è minore, grazie al rispetto dei tempi di riposo».

le famiglie «a distanza»

Al convegno di domani a Roma (in Campidoglio, sala della Protomoteca, dalle 10.30 alle 13.30) parteciperanno anche rappresentanti dei principali Paesi di provenienza dei lavoratori domestici stranieri in Italia, tra i quali Silvia Dumitrache, presidente dell’Adri, l’Associazione donne romene in Italia: «I figli a distanza - scrive nel rapporto di Domina - crescono con i padri, le nonne, le zie, i vicini di casa o da soli. Spesso subiscono violenze e maltrattamenti, sviluppano dipendenza da droghe o alcol, abbandonano la scuola o prendono la strada dell’illegalità. La Romania - aggiunge - è il primo Paese in Europa per numero di madri minorenni, tante di loro con le proprie mamme a lavorare all’estero. Sia lo Stato di partenza, sia lo Stato di arrivo devono fare di più per diminuire il disagio in cui vivono tantissime famiglie transnazionali».

Le rimesse dei lavoratori domestici

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