Rapporti di lavoro

L’impresa con più di 50 addetti obbligata all’equo compenso

di Giovanni Negri

Equo compenso allargato, potenziato e monitorato. Il ministero della Giustizia scopre le carte e, nella riunione e del tavolo con gli Ordini professionali convocato ieri mattina dal sottosegretario Jacopo Morrone, mette nero su bianco 11 punti che andranno, con gli opportuni aggiustamenti e correzioni, a costituire l’architrave del futuro intervento normativo. «Non è una questione solo economica ma riguarda la dignità dei professionisti e il livello del contributo che essi apportano alla società», ha sostenuto, aprendo i lavori, il ministro Alfonso Bonafede.

Per il sottosegretario Morrone, «l’obiettivo è valorizzare l’attività dei professionisti che hanno un peso importante e un ruolo di primo piano nella nostra società. Non è quindi più rinviabile una riforma che consenta alle libere professioni di recuperare la centralità che spetta loro nel sistema paese, assicurando un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto».

«Una riflessione complessiva su equo compenso e parametri non era più rinviabile – ha sottolinea Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti –. Per questo motivo, l’istituzionalizzazione del confronto tra ministero della Giustizia e Ordini professionali attraverso l’apertura di un tavolo ad hoc è estremamente positiva. Bisogna avviare un ragionamento per estendere l'applicazione dell’equo compenso quantomeno a tutte le attività professionali che abbiano un carattere di interesse pubblico. Penso, a titolo esemplificativo, all’attività svolta dai collegi sindacali».

Nel dettaglio, tra le linee guida, trova posto innanzitutto l’estensione della disciplina dell’equo compenso sia alla pubblica amminisrazione sia all’agenzia delle Entrate (ad entrambe dovrà essere vietata la conclusione di accordi a compenso zero oppure a compenso evidentemente irrisorio), ma anche a tutte le imprese con più di 50 dipendenti o con un fatturato sopra i 10 milioni. Quanto alla sua determinazione, andrà istituito un collegamento tra equo compenso e sistema dei parametri, procedendo a un contestuale aggiornamento di questi ultimi (il riferimento è al decreto ministeriale 140 del 2012) per tutte le professioni diverse dagli avvocati.

Inoltre, l’equo compenso dovrà essere allargato a ogni forma di accordo preparatorio o definitivo, a patto che sia vincolante per il professionista, le cui clausole siano predisposte in maniera unilaterale dalle imprese indipendentemente dalla forma dell’accordo e comprendendo gli accordi quadro e i casi di accordi su incarichi singoli. A pubblica amministrazione e Entrate, poi, andrà esteso il regime delle clausole vessatorie. Come pure, su questo versante, andrà resa evidente la distinzione tra valutazione di non equità del compenso dalla dichiarazione di vessatorietà delle clausole per evitare la subordinazione dell’intervento giudiziale alla presenza cumulativa di entrambi i profili. Da considerare poi una class action dei consigli degli ordini e un Osservatorio nazionale sull’applicazione del compenso.

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