Rapporti di lavoro

Il professionista diventa coach per rimotivare l’azienda in bilico

di Patrizia Bonaca

Professionisti esperti in coaching oltre che in contabilità che accompagnino le imprese in bilico. Sono le nuove figure suggerite dal codice della crisi d’impresa (il decreto legislativo 14/2019). La riforma ha, infatti, introdotto le procedure di allerta della crisi, le quali rappresentano un concetto molto più ampio e innovativo dell’audit interno; inoltre, per la prima volta ha messo al centro la consapevolezza e la responsabilità dell’imprenditore. Si tratta di meccanismi che rappresentano un aiuto preventivo, che va oltre la mera compilazione di check list e l’applicazione di indici di valutazione, al fine di intercettare tempestivamente i segnali di una possibile crisi per salvaguardare l’imprenditore, la sua capacità creativa e il sistema economico.

Il professionista coach

L’articolo 3 del codice (i doveri del debitore) prevede che:

l’imprenditore individuale adotti misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte;

l’imprenditore collettivo adotti un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’articolo 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative.

Si tratta di misure che richiedono l’intervento di un professionista (avvocato o commercialista) e una formazione che aggiunga abilità di coaching alle competenze tecniche può risultare utile. È opportuno che queste abilità si intreccino tra loro: infatti, se è necessario compilare delle riclassificazioni numeriche è importante anche aiutare l’imprenditore a monitorare le possibili criticità strategiche e organizzative, ripensarle in una visione prospettica e innovativa.

Siamo in presenza, quindi, di due nuove figure emergenti nel panorama economico, significative del cambiamento culturale in atto: l’imprenditore consapevole e il professionista coach.

Per entrambe è indispensabile un’esperienza di ascolto attivo e cioè quella capacità di non giudizio che facilita l’apertura all’altro e dell’altro, che permette di instaurare un sodalizio professionale basato sulla fiducia, necessaria alla ripresa aziendale in risposta alla paura del discredito sociale.

Tra i due si instaura una sorta di contratto di affiancamento dialettico, di pensiero, di elaborazione strategica, di scambio, di supporto per permettere all’imprenditore di rivedere e ricollocare nel giusto contesto le sue scelte economico-finanziarie. In questo modo si creano le basi per creare una consapevolezza preventiva dell’imprenditore che gli farà intraprendere rapidamente azioni di salvaguardia della continuità aziendale e della sua competitività.

Il senso di responsabilità

È centrale l’assunzione di responsabilità dell’imprenditore nel voler adempiere alle sue obbligazioni. Opera che richiede confronto, umiltà, condivisione, aggiornamento per uscire dalla zona di comfort e aprirsi al nuovo. Per esempio, venire allo scoperto tramite la presenza costante sui social, l’uso dei video, dell’immagine, dell’interazione costante con i clienti.

In pratica è richiesta all’imprenditore una coachability alta. E cioè quel coacervo di qualità come l’umiltà, l’entusiasmo, la caparbietà, l’ascolto. la capacità di ricevere feedback, anche se scomodi, e di tramutarli in sfida per la nascita di nuove potenzialità.

In questo senso, il rapporto professionale diventa garante della sfida e degli impegni presi dall’imprenditore e della capacità del professionista di valorizzare all’esterno il piano di recupero sia economico che psicologico in atto.

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