Rapporti di lavoro

Contratti a termine, applicabile l’aumento dello 0,5 per cento

di Antonino Cannioto e Giuseppe Maccarone

Dopo oltre un anno dall’entrata in vigore della norma, l’Inps ha diffuso la circolare 121/2019 con cui spiega ai datori di lavoro come applicare e versare, arretrati inclusi, l’aumento dello 0,5% del contributo addizionale Naspi, introdotto dal Dl 87/2018 (decreto dignità). Si tratta di un incremento della percentuale di contribuzione (1,40%), dovuta per i contratti a tempo determinato (Ctd) dovuta per ogni rinnovo del contratto, anche in regime di somministrazione.

Nella circolare l’Inps ricorda che - al di là delle varie decorrenze che hanno caratterizzato la convulsa entrata in vigore del decreto dignità - l’aumento dello 0,50% è dovuto, ricorrendone i presupposti, per i rinnovi dei Ctd, anche in somministrazione, intervenuti dal 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del decreto legge). Così come specificato dal ministero del Lavoro nella circolare 17/2018, i datori di lavoro dovranno versare la maggiorazione ogni volta che rinnovano un Ctd.

Questa elevazione della percentuale contributiva si va ad aggiungere a quella già esistente (1,4%). Si tratta, come ribadito dall’Inps, di un aumento incrementale, vale a dire che la maggiorazione si applica a tutti i rinnovi sommandosi ai precedenti (1° rinnovo: 1,4%+0,5% - 2° rinnovo: 1,4%+1% - 3° rinnovo: 1,4% +1,5% eccetera).

È appena il caso di ricordare che, in genere, il rinnovo di un Ctd ricorre quando, raggiunta la scadenza del contratto, le parti ne sottoscrivono un altro, sempre a termine. Diverso è il caso della proroga, vale a dire il semplice differimento della scadenza prevista, fattispecie per cui la maggiorazione del contributo addizionale non si applica.

Sul punto, i tecnici dell’Inps, supportati da un parere del ministero, precisano che se viene modificata la causale originariamente apposta al contratto a termine, si configura un rinnovo e non una proroga anche se l’ulteriore contratto segue il precedente senza soluzione di continuità. In tale ipotesi l’aumento dello 0,5% è dovuto. Se, invece, le parti hanno stipulato un primo contratto senza indicare la causale (in quanto inferiore a 12 mesi) e successivamente ne hanno prolungato la durata oltre i 12 mesi, indicando per la prima volta la causale, viene a configurarsi una proroga e non un rinnovo, con esclusione dell’incremento del contributo addizionale.

Restano comunque fuori dall’aumento i rapporti di lavoro domestico, le assunzioni per sostituzione di dipendenti assenti, le assunzioni a termine per lo svolgimento delle attività stagionali ex Dpr 1525/1963, i rapporti di apprendistato e alcune tipologie del pubblico impiego. Esenzione prevista anche per i rinnovi dei Ctd relativi alle assunzioni di lavoratori adibiti a svolgere attività ad alto contenuto di know-how, stipulate da università, istituti di ricerca eccetera.

Le aziende dovranno procedere al versamento del contributo corrente e degli arretrati dal periodo di competenza settembre 2019, effettuando gli adeguamenti del flusso uniemens, così come indicati nella circolare 121/2019.

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