Rapporti di lavoro

Contratto di espansione, requisiti da verificare sulla singola impresa

di Antonello Orlando

Il contratto di espansione, introdotto dal decreto crescita (Dl 34/2019), è accessibile con una sperimentazione, negli anni 2019 e 2020, alle sole società con più di 1.000 dipendenti.

La circolare 16/2019 del ministero del Lavoro, diffusa il 6 settembre, chiarisce, rifacendosi alle indicazioni già contenute per la Cigs nell’articolo 20 del Dlgs 148/2015, che le almeno 1.001 unità lavorative vanno considerate nel semestre precedente la data di presentazione della domanda del contratto di espansione. Questo vale anche per i rapporti di lavoro a termine, in virtù del richiamo alla circolare 24/2015 dello stesso ministero, che in questo caso disapplicava la media biennale generalmente prevista.

Viene inoltre precisato che l’organico complessivo deve essere riferito a un’unica azienda e non a un gruppo di imprese, come nel caso di una holding con varie diramazioni societarie, escludendo anche i raggruppamenti temporanei di imprese. Il ministero specifica che non sono applicati gli altri requisiti del Dm 94033/2015 (tranne quelli formativi) e dunque non verrà misurato il valore medio degli investimenti messi in campo rispetto a quelli già effettuati nel biennio precedente.

Nel chiarire l’oggetto del contratto di espansione (così chiamato perché comporta anche nuove assunzionim, senza una soglia minima richiesta), sottoscritto dalle organizzazioni nazionali comparativamente più rappresentative o dalle proprie diramazioni aziendali, si sottolinea la centralità del progetto di formazione e riqualificazione del personale: deve essere articolato nei suoi dettagli in sede di accordo (ore formative, platea dei discenti, contenuti e modalità) con particolare riferimento anche alle previsioni di recupero occupazionale che garantiscano un riassorbimento nel processo organizzativo di almeno il 70% delle risorse coinvolte. Riprendendo il Dm del 2016 con i criteri Cigs, il riassorbimento può avvenire anche in altre unità della stessa impresa, o in altre aziende.

Il progetto formativo deve includere una certificazione fornita da soggetti terzi specifici (sia pubblici sia privati) estranei alla compagine aziendale. I lavoratori che vi partecipano subiscono una riduzione oraria pari alle ore di formazione, con integrazione del reddito e contribuzione figurativa secondo la ordinaria disciplina della cassa integrazione. La durata massima di tale Cigs è di 18 mesi (che potranno sforare il 2020, ultimo anno di attivazione del contratto di espansione, arrivando fino al 2022 se continuativi), in deroga ai limiti massimi di 24 mesi rapportati al biennio mobile generalmente applicabili.

L’inizio della sospensione oraria non è soggetta alla deadline di 30 giorni dalla presentazione della domanda, pur se andrà fatta in tempi di «ragionevole brevità». La circolare non specifica che questa integrazione salariale è riservata solo alle aziende che rientrino in campo Cigs, non richiamando tale requisito al paragrafo 2, nonostante - a proposito del prepensionamento quinquennale al comma 5 - il dicastero sembri richiamare i requisiti previsti all'articolo 20 del Dlgs 148/2015.

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