Rapporti di lavoro

Welfare ancora assente nei grandi studi legali

di Valeria Uva

Il welfare non fa ancora breccia nei grandi studi legali: su una platea di 40 law firm italiane e internazionali solo cinque hanno programmi ampi e strutturati di incentivazione per dipendenti e collaboratori. E non a caso più della metà degli avvocati si definisce «insoddisfatto» delle politiche di welfare adottate dal proprio studio.

C’è ancora molta strada da fare all’interno del mondo legale per aumentare il benessere e la produttività delle risorse umane secondo una ricerca svolta da Le Fonti Legal in pubblicazione da domani. L’indagine ha analizzato le misure di welfare dei big nazionali e internazionali, monitornado poi anche il grado di soddisfazione raggiunto all’interno degli studi. Ebbene i risultati sono deludenti su entrambi i fronti.

In primo luogo, appunto, perché il tema non è ancora centrale nella gestione delle risorse in studio e lo dimostra l’assenza di politiche strutturate e di ampio respiro che colpisce quasi il 90% della platea indagata. Un risultato paradossale per molti studi come sottolinea il vicepresidente di Le Fonti Legal, Gabriele Ventura: «Assistiamo a una continua crescita del welfare aziendale e tra i protagonisti di questa ascesa ci sono proprio gli avvocati che mettono a punto piani sempre più sofisticati per le aziende clienti, ma non riescono a costruire politiche adeguate in casa propria».

Ma anche a livello qualitativo le scelte fatte non colgono nel segno e sono giudicate insoddisfacenti nella maggior parte dei casi. Al primo posto nel welfare ideale degli avvocati ci sono, ex aequo, lo smart working e le agevolazioni per la mobilità (ad esempio abbonamento a treno e mezzi pubblici): su una scala di gradimento da 1 a 5 entrambi sfiorano il massimo (4,37). Seguiti a breve distanza dal più classico bonus in denaro (3,9). L’esigenza di un maggior equilibrio tra lavoro e vita privata però è anche stata avvertita dai manager (almeno negli studi più avanzati sotto il profilo del welfare) perché lo smart working è anche la misura di welfare (relativamente) più diffusa all’interno degli studi (sviluppata in media con un punteggio di 3,5 su scala di 5). Al secondo posto tra i sistemi più utilizzati c’è il classico bonus in denaro, presente in molti piani incentivi (si veda anche l’articolo a fianco), seguito da benefits vari. Mentre prendono i voti peggiori sotto il profilo della presenza e sviluppo nei piani, le misure più innovative quali il supporto alla previdenza complementare e l’assistenza per i figli che in uno studio su due sono considerati largamente insufficienti.

Dunque è la risorsa tempo la più preziosa per i legali. «Nonostante gli avvocati siano partite Iva e quindi non soggetti ai canonici vincoli rispetto all’orario di lavoro - conclude Ventura - di fatto, giudicano lo smart working la politica di welfare più utile per il miglioramento della propria vita lavorativa».

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