Rapporti di lavoro

Smart manager sotto stress, l’ancora è la meditazione

di Cristina Casadei

Sul carro dello smart working massivo e prolungato che ha ormai compiuto un anno, arrivano mindfulness e mental coaching. Mentre si faticano a intravedere i tempi del nuovo bilanciamento del lavoro da remoto e in presenza, in molte organizzazioni si accende la spia dello stress, della fatica a darsi dei limiti e della difficoltà a concentrarsi. È questo il lato nascosto dello smart working da lockdown, una modalità di lavoro che ha consentito il distanziamento e la continuità delle aziende durante la pandemia, ma oggi mostra alcune criticità su cui intervenire. Come? Boston consulting group dice con la mindfulness e il mental coaching. La società di consulenza ha realizzato insieme ad Awaris lo studio “Balancing well-being and performance in the virtual workplace” in cui ha intervistato 550 manager a livello globale. Le interviste sono state fatte prima e dopo la partecipazione a due programmi di sviluppo mindfulness di 10 settimane, durante la pandemia. Con il lavoro da remoto, il 66% dei manager intervistati parla di un aumento del livello complessivo di stress e l’81% fa fatica a stabilire limiti all’orario di lavoro e “disconnettersi”, con una perdita di benessere. Ma anche una correlazione negativa sulla produttività.

I manager che hanno partecipato a pratiche di mindfulness, però, evidenziano in media un miglioramento del 10% della loro emotività rispetto alla condizione precedente, del 15% del benessere psicologico e del 18% del benessere sociale. Monia Martini, People and HR Operations Director di Boston consulting group spiega che «la ricerca ha evidenziato un disagio sempre più crescente tra le persone che devono gestire e motivare i team, dato dal cambio della modalità di lavoro. Cambio drastico rispetto a come eravamo abituati prima. Nel nostro caso particolare lo smart working è sempre stato parte della nostra vita, ma non è mai stato forzato e al 100%. La forzatura dovuta al contesto ha rappresentato certamente una sfida importante».

Le criticità sono diverse a seconda delle generazioni. Se infatti prendiamo madri e padri osserviamo che «trovarsi a casa con la famiglia al completo, i figli in Dad e i genitori al lavoro da remoto, ha generato una commistione tra vita privata e lavoro che sono diventati un tutt’uno. Senza più divisioni. Con un conseguente innalzamento dei livelli di stress, soprattutto perché la produttività doveva rimanere necessariamente alta. Secondo l’evidenza che abbiamo nel nostro caso specifico e anche nelle aziende clienti, la mindfulness è stata di aiuto, insieme al mental coaching e all’e-learning. Abbiamo constatato che il fatto di ascoltarsi porta a una riduzione del livello di stress e a una concentrazione maggiore».

Con il protrarsi del lavoro da remoto a questi livelli «ragazzi e giovani che vivono da soli, lontani dalla famiglia hanno manifestato segnali di una certa sofferenza. Prima della pandemia c’era anche una socialità molto forte con i colleghi al di fuori del contesto di lavoro, utile a scambiare idee e a stemperare le tensioni. I giovani sono abituati a una socialità intensa e con tutte le restrizioni portate dalla pandemia hanno sofferto molto di più, da questo punto di vista, rispetto a chi ha una famiglia. Per potersi confrontare, oggi, esistono solo i dispositivi e l’isolamento ha portato all’aumento delle richieste di supporto psicologico». Durante la pandemia e ancora oggi sono stati lanciati molti programmi di supporto psicologico ai lavoratori, molto partecipati. Il ruolo dei manager nel supportare le persone e nel creare il team è così diventato fondamentale. I leader hanno reso efficace il lavoro virtuale, ma «l’efficacia da sola non basta - dice Martini - . Bisogna promuovere con costanza legami profondi nel team e per questo il leader deve essere in grado di reagire allo stress, di osservare il proprio lavoro in un quadro più ampio ed essere emotivamente presente per la sua squadra. Durante un meeting da remoto, ad esempio, può essere utile chiedere ai partecipanti di illustrare brevemente il proprio stato emotivo, condividendolo con il resto del gruppo».

Tornando allo studio, emerge che le pratiche mente-corpo di concentrazione e meditazione hanno migliorato la capacità di gestire lo stress, permettendo di aumentare la consapevolezza e di raggiungere un migliore equilibrio interiore. In seguito ai programmi di mindfulness il livello di stress percepito dai manager è calato del 25%, mentre è aumentata del 16% la capacità di essere comprensivi con sé stessi (self-compassion). Per i benefici sul comportamento, le 10 settimane di programma che sono state fatte hanno permesso ai partecipanti di aumentare i comportamenti di tipo non reattivo (+12%), diminuendone la passività e la tendenza ad agire in modo casuale. Sulla base del comportamento degli altri o delle circostanze.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©