Rapporti di lavoro

Interdizione della neomamma anche se la mansione non è nella valutazione del rischio

di Matteo Prioschi

Durante il periodo di gravidanza e fino al settimo mese di età del figlio, le lavoratrici non possono svolgere mansioni che comportano il trasporto e sollevamento pesi. E, se non possono nemmeno essere adibite a mansioni differenti, sorge un diritto soggettivo delle stesse a non svolgere l'attività vietata secondo quanto stabilito dall'articolo 7 del decreto legislativo 151/2001.

L'Ispettorato nazionale del lavoro, nella nota 505/2021, fornisce indicazioni in merito all'applicazione delle norme a tutela delle lavoratrici madri contenute negli articoli 6, 7 e 17 del Dlgs 151/2001, in base ai quali, durante la gravidanza e nei sette mesi successivi, non possono essere adibite al «trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri», questi ultimi indicati negli allegati A e B allo stesso decreto legislativo. Qualora si dovessero verificare tali situazioni, le lavoratrici devono essere spostate ad altre mansioni e, se ciò non è possibile, «il servizio ispettivo del ministero del Lavoro…può disporre l'interdizione dal lavoro».

Nella nota l'Ispettorato precisa che ci sono le condizioni per adottare il provvedimento di interdizione anche qualora l'attività vietata svolta dalla lavoratrice non sia stata oggetto del documento di valutazione del rischio elaborato dall'azienda, una volta valutata l'impossibilità di adibizione a mansioni differenti. A questo proposito vengono citate le indicazioni già fornite con l'interpello 28/2008 e la nota 37/0007553 del 2013 del ministero del Lavoro.

Inoltre, in caso di parto prematuro, il calcolo dei sette mesi deve tenere conto dei giorni di congedo obbligatorio prima del parto che non sono stati fruiti e che vanno aggiunti ai sette mesi decorrenti dal giorno effettivo di nascita, come indicato dall'Inps nella circolare 69/2016.

Dato che la nota è stata redatta a fronte della richiesta di chiarimenti derivanti da una ordinanza emessa dal Tribunale di Perugia il 20 novembre 2020, l'Ispettorato precisa che, ai fini dell'erogazione dell'indennità da parte dell'Inps nei confronti della lavoratrice interdetta, il provvedimento del giudice non è sufficiente. È necessario che l'Ispettorato competente territorialmente emani il provvedimento di interdizione che costituisce il presupposto affinché l'istituto di previdenza corrisponda l'indennità prevista dalla legge.

Quanto ai margini di valutazione della situazione di impossibilità a svolgere la mansione, riprendendo l'ordinanza del Tribunale, viene evidenziato come, a fronte di compiti di trasporto e sollevamento pesi, non ci siano margini di discrezionalità tecnica nella valutazione della situazione, anche se il comma 6 dell'articolo 7 prevede che il servizio ispettivo «può disporre l'interdizione».

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