Rapporti di lavoro

Avvocati specialisti, l’autocertificazione finisce sotto la lente

di Giovanni Negri

Massima attenzione alla verifica dei requisiti per l’autocertificazione in materia specializzazioni forensi. È quella che raccomanda il Cnf a tutti i presidenti dei consigli dell’Ordine.

Per il Cnf, infatti, a dovere essere accertata è la presenza degli elementi previsti dalla disciplina attuativa e in particolare la frequenza nei cinque anni precedenti dei corsi di specializzazione oppure la comprovata esperienza nel settore di riferimento; inoltre andrà dichiarata l’assenza, nei tre anni precedenti la presentazione della domanda, di sanzioni disciplinari gravi per trasgressione degli obblighi di aggiornamento professionale.

Detto che, per il Cnf, i Consigli locali dell’Ordine hanno pieno titolo per chiedere integrazioni alla documentazione presentata, la nota si sofferma in particolare sul punto della comprovata esperienza, dove l’avvocato interessato dovrà provare innanzitutto un’anzianità di iscrizione all’Albo di almeno otto anni, ininterrotta e senza sospensioni.

In secondo luogo andrà attestata l’attività professionale nell’area di specializzazione, con un’esperienza di almeno di cinque anni. Per ogni anno, cioè, l’avvocato dovrà provare di avere ricevuto e trattato almeno dieci incarichi professionali fiduciari rilevanti per quantità e qualità.

Complessivamente quindi saranno almeno 50 gli incarichi che andranno certificati. La relazione che andrà presentata dal legale interessato dovrà allora essere il più possibile dettagliata, indicando le questioni giuridiche trattate, incarico per incarico nell’area di competenza.

«La relazione - sottolinea il Cnf - deve essere corredata dagli atti introduttivi e conclusivi depositati in giudizio dall’istante, ovvero, in mancanza di atti giuridici depositati, da idonea documentazione dalla quale risultino le questioni giuridiche affrontate e trattate».

Nel settore penale, dove il Cnf mette in evidenza la forte connotazione orale della celebrazione del processo, e non sempre è possibile una formalizzazione scritta, dal Consiglio forense arriva la raccomandazione a non considerare sufficiente per il conferimento dell’incarico il semplice verbale di identificazione.

Si tratta infatti, nella lettura del Cnf, di un semplice primo contatto informativo da parte della persona sottoposta a indagini, con la sola e semplice indicazione della rubrica della fattispecie rilevante penalmente, senza possibilità di ulteriore accesso agli atti , a causa del segreto investigativo.

La relazione del penalista, allora, dovrà contenere, con riferimento al caso concreto, le questioni giuridiche trattate, sul piano sostanziale e processuale.

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