Rapporti di lavoro

Si parte a maggio ma dopo aver raggiunto le quote prioritarie per le categorie protette

di Marco Ludovico

La previsione della partenza resta maggio. È un’indicazione diffusa, informale, di tutti i protagonisti istituzionali dell’intesa sui vaccini in azienda. Lo ha detto di recente anche il commissario straordinario all’emergenza Covid-19, generale Francesco Paolo Figliuolo.
Va ricordato, del resto, come proprio Figliuolo e la sua struttura abbiano valutato fin dai primi giorni del loro insediamento l’allargamento della campagna vaccinale alle aziende e i siti produttivi (si veda IlSole24Ore del 9 marzo). In uno spirito di pieno impegno sociale sul territorio dove ciascuno può fare la sua parte contro la pandemia.

Il decollo dell’operazione, dunque, è in fase di studio e pianificazione. Ma il crono-programma del generale Figliuolo per allargare la distribuzione e somministrazione di dosi alle imprese e i siti produttivi deve fare i conti con diverse variabili. Incognite in grado di cambiare all’improvviso fino a dover rifare conteggi e obiettivi. Una prospettiva indesiderabile ma da mettere in conto.

Il primo criterio dirimente si fonda su uno dei pilastri del piano vaccini in corso. Le dosi vanno somministrate con priorità a una serie di categorie definite. Non è stato ancora deciso ma è ragionevole immaginare l’apertura ai siti produttivi dopo aver esaurito le vaccinazioni dei cittadini dai 60 anni in su.

L’andamento attuale porta questi dati: se prendiamo a riferimento le inoculazioni di prima dose, finora hanno riguardato il 67% degli ultranovantenni, il 65% di chi ha 80 e più anni, il 16,5% degli ultrasettantenni e l’11,7% di chi ha 60 anni e oltre (dati Lab24-IlSole24Ore).

Ci sono poi i cosiddetti fragili, altra priorità assoluta, e le categorie comunque in fase di vaccinazione perché più a rischio, a cominciare dagli operatori socio-sanitari. È opinione diffusa, dunque, che il via libera alle vaccinazioni in azienda debba avvenire una volta esaurite queste quote più a rischio della popolazione.

La lancetta con l’orario di partenza, dunque, potrebbe essere spostata più avanti se l’andamento delle somministrazioni subisse una battuta d’arresto. L’incognità AstraZeneca al momento è una delle più grandi, da sola può scombussolare i piani non sulla vaccinazione tra le imprese ma le scadenze sugli obiettivi dell’intero territorio nazionale.

Poi sulla vaccinazione nelle imprese c’è una fase organizzativa dove gli attori sono più d’uno. Sarebbe una semplificazione superficiale ridurre i termini al commissario straordinario e i vertici delle aziende, soprattutto quelle più grandi, dotate di maggiore autonomia di gestione e pianificazione. Oggi, intanto, ci dovrebbe essere - anche se non era stato previsto all’ordine del giorno - un passaggio proprio sui protocolli di accordo nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

In programma, tra l’altro, nella riunione della Conferenza ci sarà anche un esame delle linee guida emanate di recente dalla Protezione civile, guidata da Fabrizio Curcio, sui grandi hub regionali per i vaccini.

Di certo le Regioni avranno voce in capitolo sulle rispettive esigenze del territorio davanti alla disponibilità delle aziende ad allargare la campagna vaccinale quantomeno ai propri dipendenti.
Anche se lo faranno con i loro medici competenti, tutto deve svolgersi in allineamento con le aziende sanitarie locali e i relativi assessorati alla salute. Poi nelle singole Regioni non è esclusa la stipula di specifici accordi in attuazione e in coerenza con i protocolli nazionali. Tutto dipenderà innanzitutto dalle sensibilità dei presidenti di regione e le iniziative delle categorie interessate.

Ma l’altra grande incognita resta e vale, a maggior ragione, per tutta la campagna vaccinale, la disponibilità delle dosi. A maggio e a giugno la previsione è di un arrivo massiccio, ma resta da vedere se sarà sufficiente.

Tra secondo e terzo trimestre 2021 sono previste in base alle stime governative di inizio marzo 34 milioni di AstraZeneca, 19 milioni di Pfizer più altre sei, nel solo terzo trimestre, come seconde dosi; in ballo c’è anche un secondo contratto Pfizer con quasi 19 milioni nei due trimestri, sempre di dosi base. Più 23 milioni di Johnson & Johnson, 13 milioni di Curevac, undici milioni di Moderna (prima dose) più altri nove milioni del vaccino di Cambridge, nel Massachusetts.

In definitiva: le aziende sono pronte, allestire i vaccini in azienda è ormai un’operazione da mettere in piedi in un giorno o due al massimo. Ma il disco verde attende un via libera legato da diversi nodi da sciogliere.

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