Rapporti di lavoro

Vaccini, in pole le prime 500 aziende

di Giorgio Pogliotti

Il nuovo canale messo a disposizione dalle imprese servirà alla vaccinazione diretta dei lavoratori che «a prescindere dalla tipologia contrattuale» prestano la loro attività in azienda. I datori di lavoro, singolarmente o in forma aggregata, con il supporto delle associazioni di categoria, potranno predisporre i punti straordinari di vaccinazione anti Covid per i lavoratori che ne facciano richiesta, o rivolgersi a strutture sanitarie private o alla rete Inail.

L’accordo di martedì notte tra governo, Inail, il commissario straordinario per l’emergenza Covid e le parti sociali ha fissato regole comuni a livello nazionale, i requisiti minimi per l’adesione in sicurezza da parte di imprese, grande distribuzione organizzata, studi professionali. «Possiamo tornare a guardare al futuro - ha commentato il ministro del Lavoro, Andrea Orlando -, pensare alla messa in sicurezza di milioni di lavoratori. È un passo importante nella direzione della ripresa della normalità». In pole position ci sono circa 450-500 imprese delle quasi 7.500 che hanno risposto all’appello di Confindustria, ed hanno le strutture per ospitare le vaccinazioni. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha rivolto un «ringraziamento a tutte le imprese che, con un gesto di solidarietà, hanno messo a disposizione le proprie sedi come hub vaccinali»: è la «concreta dimostrazione di come gli imprenditori, in 111 anni di Confindustria, abbiamo sempre dato una risposta».

In base al Protocollo i costi per la realizzazione dei piani aziendali, inclusi i costi per la somministrazione, sono a carico del datore di lavoro, mentre la fornitura dei vaccini, siringhe, aghi, degli strumenti formativi e per la registrazione delle vaccinazioni eseguite è a carico dei servizi sanitari regionali competenti. Se l’azienda priva di medico competente si rivolge all’Inail, gli oneri restano a carico dell’Istituto.

Il medico competente dovrà fornire ai lavoratori le informazioni su vantaggi e rischi connessi alla vaccinazione, acquisire il consenso informato, occuparsi del triage preventivo sullo stato di salute, della tutela della riservatezza dei dati e della registrazione delle vaccinazioni. La somministrazione del vaccino è invece riservata ad operatori sanitari appositamente formati, in grado di garantire il pieno rispetto delle prescrizioni sanitarie. Se la vaccinazione viene eseguita in orario di lavoro, il tempo necessario per vaccinarsi è equiparato all’orario lavorativo. Nella campagna di vaccinazione saranno coinvolti anche dipendenti e datori di lavoro degli studi professionali, anche Confprofessioni ha firmato il Protocollo: «Abbiamo già iniziato una vasta campagna di informazione sul funzionamento dei vaccini - spiega Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni- ora ci attiveremo sul territorio per favorire la vaccinazione dei professionisti datori di lavoro, dei loro collaboratori e dipendenti».

L’accordo di martedì notte ha anche aggiornato il Protocollo di marzo-aprile 2020 sulle misure anti contagio nei luoghi di lavoro, che invita al «massimo utilizzo» del lavoro agile e da remoto «anche nella fase di progressiva ripresa delle attività», in quanto «utile e modulabile strumento di prevenzione». Va mantenuta la distanza interpersonale di almeno un metro come principale misura di contenimento, negli spazi condivisi vanno indossati i dispositivi di protezione delle vie aeree, o ulteriori strumenti di protezione individuale. I lavoratori positivi oltre il ventunesimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario.

Per Donatella Prampolini, vicepresidente di Confcommercio, «vista la disponibilità di aziende e associazioni a realizzare i piani aziendali, ora bisogna fare presto a garantire la reperibilità e la diffusione dei vaccini». Per il leader della Cgil, Maurizio Landini i «due protocolli confermano la centralità del valore della protezione della salute nei luoghi di lavoro e dimostrano l’importanza di un lavoro condiviso per combattere il virus». Il numero uno Cisl, Luigi Sbarra, parla di «un’operazione di sanità pubblica che trova nelle parti sociali la più ampia disponibilità nell’impiego di risorse, capacità organizzative e gestionali per vincere la battaglia contro il virus». Per il leader Uil, Pierpaolo Bombardieri, «la sicurezza viene prima di tutto, non sono tollerabili differenziazioni sulla base di aree geografiche e scelte politiche». Per il numero uno Confsal, Angelo Raffaele Margiotta, «pur ravvisando margini di miglioramento, era prioritario consegnare con tempestività al mondo del lavoro due fondamentali documenti per la lotta contro l’epidemia».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©