Rapporti di lavoro

Spazi, costi, personale: aziende verso la vaccinazione

Interpellato da Aidp, oltre il 55% dei direttori Hr si è detto pronto ad attivare il piano: restano però nodi logistici e organizzativi

di Serena Uccello e Valeria Uva

Disponibilità ma anche consapevolezza delle criticità da affrontare. Si muove su questi due punti la risposta delle aziende italiane a qualche giorno dal lancio della campagna vaccinale in azienda promossa da Confindustria: 7.500 infatti le imprese che hanno aderito. A dare voce a questa risposta sono i numeri di una ricerca promossa dall’Aidp – l’associazione dei direttori del personale – dalla quale emerge (323 i manager interpellati) che oltre il 55% dei direttori Hr ha comunicato la disponibilità a Confindustria ad attivare un centro vaccinale all’interno della propria azienda. Il 17% circa, invece, lo sta valutando mentre il 28% non ha aderito.

«I dati raccontano la grande convinzione delle nostre aziende ad adoperarsi per questo obiettivo e di farlo bene. Alle disponibilità già date se ne aggiungeranno altre, facendosi carico anche dei costi connessi. In tante sono disponibili a vaccinare non solo le famiglie dei dipendenti, ma anche i dipendenti di altre aziende e tutte le persone del territorio di appartenenza - spiega Isabella Covili Faggioli, presidente Aidp –. Ad esempio, l’aeroporto di Bologna che si è detto pronto a vaccinare anche i dipendenti dei fornitori». Nel dettaglio: il 48% dei direttori del personale ha dichiarato la disponibilità per vaccinare dipendenti e familiari, il 38% vaccinerà solo i dipendenti. Mentre il 5% aprirà anche ai dipendenti di altre aziende. C’è poi una quota (9,30%) disponibile ad adoperarsi per tutti i residenti del territorio.

Le adesioni

Molte le realtà produttive che si sono già candidate: sono 732 i siti aziendali accreditati come hub vaccinali dal commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo (si veda il Sole 24 Ore del 23 aprile). «Da parte delle imprese italiane c’è un grande fermento - spiega Luca Del Vecchio, direttore dell’Area Scienze della Vita e Ricerca di Confindustria - e una enorme attenzione alla risoluzione di quei problemi che si possono presentare di volta in volta e che stiamo gestendo insieme alle autorità competenti. Dall’altra, si tratta di realizzare una sperimentazione inedita nel Paese che farà emergere aspetti che chiaramente dovranno essere gestiti di giorno in giorno, direi di ora in ora. Le regole a livello nazionale sono state individuate anche grazie all’azione propositiva di Confindustria; ora, si tratta di procedere a livello territoriale. I driver di tutto questo piano sono due: i tempi della campagna vaccinale nazionale e la disponibilità dei vaccini». Difficile fare previsioni sulle date, in ogni caso la priorità è: essere pronti non appena l’intera macchina della vaccinazione aziendale sarà nelle condizioni di partire. Intanto si lavora per sciogliere i nodi logistici e organizzativi, cioè il dove e il come.

A questo proposito il 38% delle aziende ha dichiarato di avere già al suo interno una struttura, ambienti e percorsi adeguati per gestire questo processo. Il 42% sta valutando cosa fare. Mentre una piccola parte (il 18% ) si è detta non è attrezzato. «Occorre pensare ad ambienti separati da quelli produttivi per ognuna delle tre fasi, accettazione, inoculazione e attesa», precisa Luca Barbieri di Arlati Ghislandi, lo studio legale specializzato nel lavoro che gestisce in outsourcing le risorse umane di oltre 300 imprese, molte delle quali Pmi. Anche per questo per diverse aziende sembra delinearsi l’ipotesi di appoggiarsi a strutture esterne attraverso le convenzioni (si veda l’articolo a fianco): ci sta pensando ad esempio il 38% delle aziende. Una delle difficoltà maggiori è senz’altro la programmazione e l’approvvigionamento dei vaccini. «Molte realtà produttive stanno attendendo di capire quando potrebbero cominciare a vaccinare: hanno bisogno di un preavviso congruo per organizzare turni e produzioni, in particolare a ciclo continuo». Inoltre - continua - «si avvicinano le ferie estive: i vaccini rischiano di arrivare quando la metà del personale non c’è». Da chiarire secondo i legali anche eventuali criteri di priorità se le dosi non dovessero bastare per tutti.

I costi

Insomma le tessere da incastrare sono ancora tante, compresi i costi: perché se è vero che il 48% è disponibile a farsene carico, oltre il 38% sta valutando come fare, mentre il 13% non è proprio disponibile a sostenerli. Una primissima, sommaria, stima degli esperti di Arlati Ghislandi ipotizza un costo diretto complessivo intorno ai 15-20 euro per lavoratore (tra medici competenti, spazi e attrezzature), ma vanno conteggiati anche altri costi indiretti, tra cui eventuali assenze per malattia, in reazione al vaccino.

Chi è partito

Le strategie potrebbero essere diverse, a seconda della composizione e articolazione delle aziende. «Abbiamo messo a disposizione le nostre sedi su tutto il territorio nazionale e preparato il Piano vaccinale aziendale, che presenteremo nei prossimi giorni alle Asl insieme al numero di dipendenti che manifesteno interesse a partecipare alla campagna», fanno sapere da Tim. Sulla stessa linea Saipem che è partita con la richiesta «della manifestazione di interesse da parte dei dipendenti». Pronto ad attivare un hub anche il Gruppo Costim. «Abbiamo anticipato al momento tutto la parte informativa, così da avere un quadro del riscontro dei dipendenti. Al momento l’adesione ci sembra molto buona - spiega Jacopo Palermo, Ceo di Costim – nel frattempo con il nostro medico aziendale stiamo valutando tutta l’attrezzatura che ci servirà, a cominciare da un carrello per le emergenze».

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