Rapporti di lavoro

Sulla strada del Green pass gli ostacoli della privacy

di Antonello Cherchi

Ora la base giuridica c’è, ma non basta. Il pass vaccinale pensato dal Governo non è in linea con i precetti della privacy e con ciò che chiede il Garante. Era stato, infatti, proprio quest’ultimo a dire senza troppi giri di parole che «l’utilizzo in qualsiasi forma, da parte di soggetti pubblici e di soggetti privati fornitori di servizi destinati al pubblico, di app e pass destinati a distinguere i cittadini vaccinati dai cittadini non vaccinati è da considerarsi illegittimo».

Questo, beninteso, accadeva prima che arrivasse il decreto legge di mercoledì scorso sulle riaperture. Quando il Garante pronunciava quelle parole a inizio marzo si parlava già di passaporto per consentire ai vaccinati di viaggiare senza restrizioni. Se ne discuteva soprattutto a livello europeo, ma anche qui da noi l’ipotesi circolava. L’altolà del Garante era rivolto al Governo: senza una norma che lo preveda, il Green pass - come già lo chiamavano nella Ue - non si può introdurre.

Uno stop che nasce dai principi del regolamento europeo sulla tutela dei dati: non è possibile dar corso al trattamento di informazioni personali - tanto più se, come nel caso del lasciapassare anti-Covid, sono coinvolti anche dati delicati come quelli sulla salute - senza un adeguato ombrello normativo. Una copertura che deve dar conto anche del rispetto dei principi di proporzionalità e riduzione al minimo delle informazioni utilizzate.

Quel nodo è stato sciolto, ma non del tutto. Il Dl riaperture ha, infatti, previsto che il passaporto vaccinale - che anche qui da noi diventa una certificazione “verde” come quello europeo, che nel frattempo va avanti - sarà costituito da un documento cartaceo o digitale che attesterà l’avvenuta vaccinazione o il superamento della malattia o ancora la negatività al Covid sancita dall’esito di un tampone recente. Il passaporto avrà validità di sei mesi se basato sul vaccino o sull’attestazione del superamento della malattia, mentre sarà di 48 ore nel caso si basi sul tampone.

Un quadro che non soddisfa il Garante. La copertura normativa non è, secondo l’Autorità, «idonea» e l’uso di dati personali da riportare sul pass «eccessivo».

Rilievi che rendono ancora più problematico il passaggio successivo, quando la certificazione verde nostrana sbarcherà in ambito europeo. E viceversa. In prospettiva, infatti, sulla base di una sorta di mutuo riconoscimento i Green pass rilasciati da altri Stati della Ue saranno validi per entrare e circolare anche in Italia, semprechè conformi ai principi del diritto europeo. Allo stesso modo, la certificazione verde italiana diventerà, una volta operativa quella europea (presumbilmente agli inizi dell’estate), interconnessa con quest’ultima e servirà non solo per spostarsi all’interno delle regioni, ma anche in tutta l’Unione.

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